Quando abbiamo iniziato a fare politica eravamo un gruppo di giovani provenienti da angoli diversi dell’Italia, con alle spalle storie non sovrapponibili e condizioni di vita disomogenee. Visionari e forse sognatori, volevamo dimostrare che le cose in Italia potevano cambiare davvero. Ispirati dalle battaglie antimafia, dalla voglia di legalità e con il tricolore nel cuore, abbiamo iniziato a lavorare per una proposta politica che mettesse al centro valori come la famiglia, il diritto alla sicurezza, la lotta alla droga. Siamo partiti ed eravamo piccoli così, ma con una gran voglia di fare e rompere i tabù del politicamente corretto. Hanno provato a denigrarci, umiliarci, emarginarci. Ma non ci sono riusciti. Abbiamo attraversato stagioni, contenitori politici, battaglie interne, ma non abbiamo mai mollato di fronte alle avversità: con determinazione e follia, ormai 11 anni fa, abbiamo prima creato Fratelli d’Italia e poi convinto gli italiani della serietà del nostro progetto. Senza trame di palazzo, scorciatoie o finte conversioni siamo arrivati alla guida della Nazione. Così, siamo qui a festeggiare la prima edizione di Atreju di governo. Oggi lo possiamo dire: abbiamo fatto la storia, restituendo agli italiani il diritto di essere guidati da un governo eletto e portando la prima donna a Palazzo Chigi. E’ un cambiamento epocale, certo. Ma credete che quei giovani sognatori, che oggi sono ampiamente diventati adulti, possano accontentarsi di questo?
I risultati che abbiamo ottenuto sono arrivati anche grazie ad Atreju, che negli anni abbiamo portato ad essere il polo d’attrazione principale della politica italiana e internazionale. E che ci ha aiutato a crescere. Come dice uno slogan che abbiamo usato per l’edizione del 2023, “Atreju è quel posto dove un gruppo di ragazzi sognava un’Italia grande e ora la stanno facendo davvero”. Ed è proprio per questo che nell’edizione di quest’anno – che per la seconda volta consecutiva si svolge significativamente sotto Natale, una festa presa di mira e che vogliamo difendere come la storia da cui proveniamo – possiamo finalmente raccontare come stiamo cambiando la Nazione e i progetti che abbiamo per il futuro immediato. Perché la “generazione Atreju” guarda lontano, come ha sempre fatto: soltanto con un progetto di governo a lungo termine possiamo davvero cambiare l’Italia. Ed abbiamo intenzione di farlo. “Bentornato orgoglio italiano” è il titolo di questa edizione, che prende spunto dagli eccezionali risultati di credibilità internazionale già ottenuti dal governo guidato da Giorgia Meloni. Ma anche dal netto miglioramento degli indicatori economici, a partire dal più alto livello occupazionale registrato da decenni, che restituisce dignità al popolo italiano.
Quando Atreju fu creata, nel 1998, su iniziativa dei dirigenti di Azione Giovani (tra cui Giorgia Meloni, che negli anni successivi da presidente nazionale le diede la spinta decisiva) ha sempre rappresentato un’occasione di confronto con tutti. Da Fausto Bertinotti a Massimo D’Alema, passando per Valter Veltroni, Laura Boldrini, Luciano Violante, solo per fare qualche esempio: sono tutti passati da Atreju ed accolti sempre con “l’onore delle armi”. Ma Atreju non è solo politica: la nostra cultura e formazione ci hanno portato ad invitare, nella diffidenza generale, leader internazionali, intellettuali affermati, insieme alle più alte figure istituzionali. Abbiamo ospitato confronti che a molti apparivano come un tabù.
Ci abbiamo sempre creduto, anche quando gli altri ci guardavano storto, o con sospetto.
E siamo sempre stati considerati dei “secchioni” della politica, ma Atreju per tutti noi è e rimane anche una festa goliardica. Negli anni ci siamo divertiti a prenderci poco sul serio, coinvolgendo nei nostri scherzi gli stessi leader politici che abbiamo invitato. Da Fini, caduto nel finto profugo “kaziro” che chiedeva aiuto per la sua causa, a Berlusconi e Veltroni ai quali si chiedeva di impegnarsi contro il dittatore del Laos Pai Mei, (nome di un personaggio del film Kill Bill), passando per Massimo D’Alema, a cui fu proposta l’intitolazione di una sala del parlamento europeo ad un giovane tedesco morto a causa della caduta di un pezzo del muro di Berlino. Anche questi sketch, oggi, sono diventati storia. Atreju, insomma, resta sempre Atreju. Perché noi siamo rimasti sempre gli stessi, con la stessa voglia che ci ha visti partire. Ma con una grossa responsabilità in più, di cui sentiamo tutto il peso ma che ci dà la forza per lavorare con l’obiettivo di realizzare i progetti per un’Italia a testa alta. Oggi quel sogno è davvero a portata di mano.