Atreju, la cyber-sicurezza come prima arma di difesa

La minaccia più forte dei nostri giorni è quella legata agli attacchi cibernetici. Non c’è guerra, oggi, che prescinde dal fattore tecnologico, anzi anticipa in molti casi ciò che poi avviene effettivamente sul campo di battaglia. Il dibattito è centrale ad Atreju, nel panel “La via italiana per la sicurezza nelle democrazie occidentali”. Gli attacchi cyber possono essere divisi in due specie, secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano: “Quelli che hanno un obiettivo propriamente criminale e quelli che hanno un obiettivo propriamente terroristico” Si tratta comunque della minaccia principale perché, secondo Mantovano, “utilizza degli strumenti molto penetranti: la capacità invasiva degli hacker ha riconosciuto ormai e conosce dei livelli elevatissimi per i danni che può produrre, per gli effetti di clamore pubblico e quindi anche di insicurezza percepita”.

L’esempio è di quando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky arrivò in Italia lo scorso anno e contemporaneamente avvenne un attacco hacker: “Lì il messaggio era chiaro: ‘siamo in grado di colpirvi, e di colpirvi nel momento in cui vogliamo’”. Ma potrebbero ancora diversi gli esempi. “Tutto questo, oltre al danno materiale sulle strutture colpite, provoca una percezione di insicurezza rispetto alla quale sembra che non ci siano difese”. Ma può esserci una risposta a questo problema: “Le difese ci sono – ha rassicurato Mantovano –: ormai da tre anni esiste l’Agenzia nazionale per la cyber-sicurezza che svolge una funzione soprattutto di rimessa in pristino del danno quando viene provocato”. Molte altre ancora le strutture, ma ciò su cui bisogna lavorare è “elevare livello di consapevolezza del rischio cyber. Dobbiamo superare il gap secondo cui si ritiene che nessuno potrebbe mai penetrare nel nostro pc, nei nostri sistemi: purtroppo avviene, non è una cosa impossibile”.

Concorda Lorenzo Guerini, deputato del Partito Democratico e presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica: “Il fattore tecnologico è un fattore che ulteriormente potenzia la minaccia. Se noi dovessimo immaginare oggi un 11 settembre, probabilmente lo immagineremmo sul fronte cibernetico. Oggi se qualcuno, un attore ostile, vuole colpire in maniera forte un Paese, sicuramente potrebbe vedere nel versante cibernetico della sicurezza un fronte di attacco molto importante, che richiede costi minori ma che può determinare danni assolutamente maggiori”. Dal canto suo, il sottosegretario all’Interno, Wanda Ferro, si è soffermata sul fronte della criminalità organizzata e del terrorismo: “Non è spazio, mare, terra, cielo: oggi c’è qualcosa di più insidioso, che si evolve continuamente. Oggi forse più che la porta blindata dovremmo pensare a qualcosa che possa essere un dispositivo per non entrare nei nostri dati bancari, nei router, per far sì che insomma chi possiede certi dati, comprenda il valore e la delicatezza”.  Sicurezza che riguarda anche la Nazione intera, e non soltanto i singoli, perché è prerogativa dello Stato “rendere l’Italia una casa sempre più sicura per gli italiani e per gli stranieri che vogliono vivere in questa comunità”.

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