Atreju, la via italiana contro gli sbarchi illegali

Due ministri dell’Interno: Matteo Piantedosi e Yvette Cooper. Due nazionalità diverse, due appartenenze politiche diverse, visione simile in merito a un problema che non ammette divisioni ideologiche: l’immigrazione, specie la lotta agli arrivi illegali. Si sono incontrati oggi, di nuovo, ad Atreju in un dialogo che ha coinvolto Enrico Mentana, direttore di Tg La7, nelle vesti di moderatore.

“Non è la prima volta che ci incontriamo col ministro Cooper – ha detto Piantedosi –, ci siamo visti già in occasioni precedenti e abbiamo avuto modo di vedere, per quanto ovviamente con le dovute differenze e divisioni rispetto a quelli che possono essere singoli aspetti di un problema così complesso, una comune ispirazione riguardo all’esigenza di avere dei punti cardine rispetto a quella che è la gestione di un fenomeno così complesso ed epocale”.

Il primo punto di unione è quello del contrasto ai traffici di esseri umani, un “vero e proprio traffico criminale in termini anche di quantità dei profitti delle organizzazioni criminali”. Guadagni sulla pelle dei migranti, in primis, a cui viene promessa una vita migliore che non troveranno mai, e in secondo luogo sulla pelle dei cittadini, chiamati a vivere nell’insicurezza dei loro quartieri. Ma c’è “assoluta convergenza dei nostri governi” anche su un altro tema, cioè quello di “favorire dei processi migratori che siano caratterizzati dalla sostanziale sostenibilità”. Flussi dunque controllati: “Il nostro – ha detto Piantedosi – è un governo che si è contraddistinto per una postura di un certo rigore rispetto ai fenomeni di migrazione irregolare, ma allo stesso tempo è il governo che si è contraddistinto per avere concretizzato, quindi non teorizzato, anche rispetto ai governi precedenti elementi seri e concreti” rispetto “ai canali di ingresso regolare. Noi – ha spiegato il titolare del Viminale – abbiamo fatto una programmazione triennale che stiamo in qualche modo gestendo per un ingresso in tre anni di 452.000 nuovi migranti”. Un colpo per chi pensava “di potersi sostituire ai governi regolari nella gestione degli ingressi sul territorio nazionale, determinando quegli elementi di compromissione della sostenibilità dei processi migratori”.

Non serve fare concessioni di cittadinanze per integrare: serve “l’attivazione di politiche serie e concrete per processi di integrazione. Qualche mese fa addirittura il premier britannico, che è stato qui in Italia in un incontro col presidente Meloni, mi ha concesso l’onore di voler venire a visitare direttamente” le strutture di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno “per vedere in maniera molto laica come l’Italia aveva avviato dei processi di gestione di questo fenomeno tali che ci sono stati dei risultati” così significativi, come la riduzione del 60% rispetto allo scorso anno degli sbarchi. L’Italia dunque è un modello da seguire sull’immigrazione: è la vita italiana contro gli sbarchi illegali.

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