Audizione in Prima Commissione su fusioni e associazioni tra Comuni. Speranzon: “Esperienze interessanti. Garantire i servizi nei piccoli comuni; le fusioni non pesino sui cittadini”

Si è tenuta nel pomeriggio di oggi la seduta della Prima Commissione che prevedeva, ai punti dell’ordine del giorno, anche un’audizione sullo stato di attuazione del Piano di Riordino Territoriale e alla valorizzazione dei percorsi di associazionismo intercomunale e di fusione dei Comuni del Veneto.
Ad intervenire sono stati l’assessore regionale Francesco Calzavara con delega agli enti locali; il Sindaco del Comune di Longarone Roberto Padrin; il Sindaco del Comune di Pieve del Grappa Annalisa Rampin; Marco Montan, Sindaco del Comune di Castegnero; Daniele Canella, Sindaco del Sindaco di San Giorgio delle Pertiche e Presidente della Federazione dei Comuni del Camposampierese.
Una discussione che ha raccolto l’interesse del capogruppo di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon: “Abbiamo potuto ascoltare esperienze diverse, tra fusioni riuscite e referendum falliti come nel caso di Castegnero, e anche valutare i diversi effetti nell’arco del tempo”.
La Federazione dei Comuni del Camposampierese, nel Padovano, nasce infatti nel 2011; è del 2014 il referendum che ha portato alla fusione di Longarone e Castellavazzo, nel Bellunese; del 2018, infine, la fusione di Crespano con Paderno del Grappa e la nascita di Pieve del Grappa, nel Trevigiano.
“Noi siamo favorevoli alle fusioni dei piccoli comuni perché abbiamo visto come negli ultimi anni sia diventato sempre più difficile individuare qualcuno disposto a candidarsi sindaco, viste le difficoltà che ci sono nel gestire una macchina comunale che magari non può nemmeno contare su un’area tecnica o amministrativa o, addirittura, con un segretario comunale a scavalco con altri comuni e quindi a disposizione per poche ore al mese”, sottolinea Speranzon.“ L’altro aspetto è quello economico: le fusioni portano contributi e quindi risorse fresche nelle casse dei nuovi comuni, che quindi si trovano da un lato a poter investire, garantendo i servizi alla popolazione, e dall’altro a poter “ammortizzare” eventuali disagi per i cittadini. Un esempio? La fusione di Castegnero con Longare e Nanto, nel Vicentino, è fallita anche perché due comuni avevano un’addizionale IRPEF più vantaggiosa rispetto all’altro comune, e i cittadini hanno avuto il timore, in caso di vittoria del sì al referendum, di veder crescere il carico fiscale. Ma le fusioni non devono pesare sui cittadini: si stanno superando le logiche campanilistiche, ora lo scoglio è legato agli aspetti economici e finanziari. Se il legislatore regionale vuole davvero incentivare le fusioni dei comuni bisogna che queste diventino un vantaggio per i cittadini: dal punto di vista dei servizi, certo, ma anche da quello dei costi e della pressione fiscale che dovranno sostenere all’indomani della fusione”.

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