No, questo referendum non s’ha da fare. Non è soltanto la frase che l’universo della destra sperava di sentire in fatto di autonomia differenziata. È anche ciò che la Corte Costituzionale ha deciso, mandando all’aria mesi di raccolte firme portate avanti dalla sinistra durante la stagione estiva. Era ciò a cui, forse, le opposizioni si aggrappavano maggiormente per cercare di dividere la maggioranza ed eliminare un progetto che loro stesse, quando erano al governo, introdussero, senza però mai terminare i lavori. Ci ha pensato la destra, alcuni mesi fa, mandando in bestia le minoranze, chiaramente in difficoltà quando gli avversari passano, come spesso accade, dalle parole ai fatti. Tornando alla sentenza, la Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di referendum abrogativo portata avanti dalla sinistra perché – è questa la motivazione ufficiale – “l’oggetto e le finalità del quesito non risultano chiari”. E ciò rischia di pregiudicare “la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore”. Le motivazioni per esteso si conosceranno entro il 10 febbraio, ma basta questo per far crollare il progetto delle opposizioni: dividere la maggioranza, far esplodere probabilmente l’ira della Lega e rafforzare i consensi nel Meridione, galvanizzando la popolazione del Sud al suono di “riforma che spacca l’Italia” e che “lascia indietro il Meridione”. Tutte diciture che, a quanto pare, non hanno ottenuto il vaglio della Consulta, specialmente dopo che era stata la stessa Corte ad ammettere, seppur in parte, il disegno: esprimendosi sui ricorsi presentati da alcuni Consigli regionali, dichiarò illegittimi alcune parti della legge Calderoli, invitando le due Camere ad apportare delle modifiche migliorative. La sinistra esultò, facendo finta di non vedere che la Consulta, così facendo, approvò l’impianto generale della legge. Era soltanto il preludio dello smacco finale, giunto ieri nel pomeriggio: il referendum non si farà.E chissà che, nella valutazione dei giudici (non è stato sicuramente così, ma è bello anche solo immaginarlo), non si sia tenuto conto delle ragioni meramente politiche di questo ostruzionismo a oltranza della sinistra, alla quale va riconosciuta la caparbietà nel portare avanti la sua battaglia dettata, però, più dalla disperazione che da altro. Per anni, i governatori di centrosinistra hanno lavorato affinché potessero godere di maggiore autonomia nei confronti del governo centrale e ora invece oppugnano il disegno con grande convinzione. E questo soltanto perché, dietro quel disegno, c’è una destra con cui le opposizioni hanno chiuso qualsiasi porta al dialogo e alla sana collaborazione istituzionale, che grandi riforme come l’autonomia, il premierato o la separazione delle carriere richiedono.FdI: “Smentiti mesi di fake news”La sinistra, ferma in questo ostruzionismo, promette ancora battaglia in Parlamento: dal Pd parlando ancora di “legge pessima per il nostro Paese, che aumenterebbe ancora di più le disuguaglianze territoriali e sociali” e annunciando che “in Parlamento continueremo a dare battaglia per evitare le forzature della destra e bloccare le intese avviate con le regioni del nord”. Festeggia invece la maggioranza: “La bocciatura del referendum contro l’autonomia differenziata da parte della Consulta – ha spiegato Luca De Carlo, senatore di Fratelli d’Italia e coordinatore del partito in Veneto – è una vittoria della democrazia e della Costituzione: vengono così smentiti mesi di fake news da parte della sinistra, quella stessa sinistra che aveva prima sostenuto il referendum veneto e poi aveva strumentalizzato i piccoli rilievi avanzati dalla stessa Consulta pochi mesi fa. Il problema è che hanno passato più tempo a urlare e ad attaccare che a presentare un quesito che fosse comprensibile, corretto e ammissibile. Ora possiamo riprendere il cammino dell’autonomia differenziata, nel rispetto della volontà dei cittadini veneti che più di sette anni fa hanno votato in massa l’autonomia regionale”.