Avs si inventa l’ecocidio: i soliti comunisti che sposano le derive moderne

C’è un problema: e cioè che il comunismo, quella linea politica che, laddove è stata interamente applicata, ha portato fame, morte e distruzione, oggi si è evoluta, portando tutti quei principi a un “livello” democratico. Maggiore tassazione, patrimoniali per i più ricchi, controllo sfrenato dello Stato sulla vita dei cittadini, erogazione paternalistica di sussidi per il popolino: tutte misure con cui, in realtà, si vorrebbe portare anche in Occidente il modello liberticida dei falliti regimi comunista. Ma il vero problema è che tale evoluzione si sposa benissimo con le derive che oggigiorno colpiscono il nostro mondo. In tema di diritti civili, ad esempio: non c’è modello più simile alla condivisione marxista dei mezzi di produzione, del “siamo tutti uguali” imposto come un dogma dalla lobby Lgbtqia (e tutte le lettere che mancano) che, proprio come in buon regime comunista che si rispetti, non tutela le differenze, ma anzi le appiattisce, rendendo ogni essere umano uguale a qualunque altro non a livello formale (come è giusto e già previsto dalla Costituzione), ma anche a livello sostanziale, non potendo in tal modo lo Stato e la comunità provvedere ad aiutare chi ne ha più bisogno.

Sovvertire l’ordinamento

O in tema di ambientalismo, ora che i Verdi sono sempre più legati agli ex comunisti della sinistra più radicale. Perlomeno in Italia, dove l’amore tra Bonelli e Fratoianni sembra più corrisposto rispetto a quello malaticcio e già morto tra Renzi e Calenda. Sia Bonelli che Fratoianni sono firmatari di un testo ben visibile sul sito della Camera: “L’introduzione del reato di ecocidio”. Li accompagnano gli altri deputati Zaratti, Zanella, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari e Piccolotti. Una legge dal fortissimo potenziale distruttivo, che cambierebbe, in un’ottica fortemente statalista (qui il nostro rimando al comunismo), l’intero impianto economico della nostra società, sottoponendolo al costante controllo della magistratura: “Introdurre il reato di ecocidio nel nostro ordinamento – fanno sapere i firmatari di Avs – vuol dire anche cambiare le regole di base con cui opera l’economia nazionale perché renderebbe giuridicamente moralmente inaccettabile un eventuale gravi danno alla natura, e conseguentemente riuscirebbe ad allontanare i finanziamenti dalle pratiche che distruggono in modo significativo gli ecosistemi”. Nel concreto, qualsiasi giudice avrebbe la facoltà di paralizzare l’economia contestando l’operato di un’azienda. Il magistrato sarebbe dotato dunque di una fortissima discrezionalità, specialmente dal momento che il reato di ecocidio non è propriamente definito: nel testo si intende come “qualsiasi atto illecito o arbitrario commesso con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità che il medesimo atto causi un danno grave e diffuso o a lungo termine all’ambiente o a un ecosistema”.

Per visibilità

Leggendo l’articolo quattro si arriva, però, al delirio più totale. Lì, nella parte in cui si dispone la pena per chi commette l’ecocidio. La sanzione viene così definita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque viola le disposizioni di cui alla presente legge è punito con la pena della reclusione da dodici a venti anni”. Insomma, la legge non prevede nulla in particolare: è solo una maniera per introdurre un nuovo reato (ma non erano garantisti?) in linea con quella visione green del mondo, ma senza disporre nulla all’interno della legge. Legge che è fortemente vaga e per la cui stesura, probabilmente, non è servito chissà quanto tempo e quanto impegno, nel disprezzo totale della serietà con cui andrebbero prese le Istituzioni. Invece, per un pugno di visibilità, Avs ha scelto la scorciatoia dei piccoli partiti, quella cioè con cui si fanno proposte poco articolate ma dotate di una forte attrattiva per così dire populista, consci del fatto che i numeri per approvarle non ci sono.

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