Arturo Borrelli è semplicemente uno dei tanti, delle centinaia, più probabilmente delle migliaia di esseri umani che hanno sofferto abusi fisici o sessuali da parte di esponenti del clero cattolico.
Arturo, quarantatreenne, ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita tentando di ottenere giustizia per gli abusi sistematici e lo stupro che sostiene di aver subito da piccolo per colpa del suo insegnate di religione, un prete in una parrocchia del rione Ponticelli, a Napoli.
Ma almeno per ora, Arturo Borrelli e il suo dolore non hanno trovato risposta dal clero, che ha dato un’unica risposta: pregare. Pregare il buon Dio affinché faccia dimenticare ad un uomo un trauma terribile subito dai 13 ai 17 anni d’età, e di dare a lui la pace dopo tanto dolore e vari tentativi di suicidio.
“È stato solo quando ho ricevuto aiuto da uno psichiatra che ho capito che non era colpa mia”, ha detto Borrelli in un’intervista a un quotidiano di lingua inglese. “Mi ha fatto capire che ero un bambino, che quello che mi è successo era sbagliato e mi ha incoraggiato a denunciare tutto, anche il prete.”
Scortato dalla polizia fin dentro il Vaticano, il giorno della sua protesta, ha ricevuto solo solidarietà a parole, ma anche l’incoraggiamento ad evitare di perdere tempo per il futuro, perché niente di buono sarebbe accaduto se avesse continuato quella sterile battaglia dopo tanti anni.
Così quando ieri il Papa ha aperto un vertice senza precedenti sugli abusi sessuali perpetrati dal clero, con la partecipazione di 180 alti prelati tra vescovi e cardinali, la situazione ha fatto riflettere. Se da una parte arrivano le esortazioni di Bergoglio ad accettare le responsabilità di quanto accaduto e di punire efficacemente i preti che hanno violentato o molestato bambini, dall’altra è come se tutto si fermasse proprio alle parole, alle buone intenzioni, alle scuse. Bergoglio sostiene che la gente si aspetta risposte semplici ed evidenti, misure concrete ed efficaci, poi aggiunge “da stabilire”. Perché allora non stabilirle e poi comunicarle, senza girarci troppo intorno?
Se da una parte i vescovi sono stati esortati ad incontrare le vittime della pedofilia, dall’altra si è parlato di “ascoltare le loro storie” quasi tutto si dovesse circoscrivere a mere testimonianze. Ma sono le punizioni quelle che le vittime chiedono, e non solo buone parole, comprensione e pacche sulle spalle. Indicativa da questo punto di vista la storia di don Silverio Mura , un prete pedofilo scomparso a un certo punto nel nulla e che oggi Arturo Borrelli accusa direttamente per essere stato il suo aguzzino.
Borrelli sostiene di averne parlato con Bergoglio lo scorso giugno, e ha affermato che il pontefice si era impegnato a iniziare un processo canonico contro questo sacerdote che, tra l’altro, nel frattempo era stato individuato mentre, sotto il falso nome di don Saverio Aversano insegnava ancora religione – come quando adescò Borrelli – questa volta presso l’Istituto tecnico alberghiero RC. Russo di Cicciano, in provincia di Napoli , almeno fino al 2014, quando di nuovo fece perdere le sue tracce, dice Borrelli, perché aiutato dal Cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli che, sempre secondo Borrelli, lo proteggerebbe. Sepe, dal canto suo, ha iniziato immediatamente un’indagine contro Mura, negando le accuse mosse da Borrelli nei suoi confronti. Intanto, Mura aveva trovato accoglienza presso una comunità di preti con dei problemi in provincia di Perugia.
Intanto, Borrelli esibiva alcune registrazioni di lui insieme a Mura dove accusava il prete per le violenze subite, e Mura non negava le accuse, ma si limitava a dire a Borrelli di pregare. Ciononostante, l’anno scorso il cardinal Sepe ha detto che il caso contro Mura era stato chiuso per mancanza di prove.
Grande delusione per Arturo Borrelli, che per l’ennesima volta ha visto distrutte le sue speranze di giustizia. “Dopo aver parlato con il Papa, credevo che stesse per arrivare un grande cambiamento, e in realtà molto è cambiato all’interno della chiesa cattolica da quando ho iniziato questa mia battaglia 10 anni fa. Però poi, in conclusione, mi resta solo la sofferenza”.
Dunque, il vertice indetto da Bergoglio, davvero significherà un cambiamento?
Anne Barrett Doyle, la co-fondatrice di Bishop Accountability, che segue i casi di abusi sessuali del clero, ha detto ai giornalisti romani che – dopo anni di promesse – la chiesa “non era arrivata da nessuna parte”. Almeno, niente di concreto per attuare le riforme necessarie per “fermare questa epidemia” e che l’unica soluzione sarebbe un cambiamento fondamentale nella legge canonica, per fare in modo che si smetta di dare priorità ai sacerdoti rispetto ai bambini che hanno abusato.
“C’è molto in gioco questa settimana”, ha aggiunto. “I cattolici del mondo sono in lutto e disillusi “.