Biancaneve senza il Principe racconta una società senza più identità

La figura del principe non verrà riproposta nella nuova versione Disney di Biancaneve. Credo che sia una scelta artistica e narrativa sbagliata. Il principe non si lascia ridurre a un ruolo secondario, a breve comparsa insignificante nell’economia complessiva del racconto. Si tratta di un grave fraintendimento. Innanzitutto, nella versione originale, appare all’inizio e alla fine della storia. Occupa, di fatto, i luoghi e i tempi perimetrali della vicenda, facendo da cornice, o da cornicetta, del capolavoro d’animazione. L’incontro con l’amato, nella mente della giovane, è evocato, desiderato, agognato, cantato con trasporto e grazia. Il ragazzo la prende per mano lungo il cammino del pensiero: Biancaneve addenta la mela nella speranza di legare la propria vita alla sua. Il ragazzo, inoltre, denota sensibilità e determinazione: non si lascia ingannare dagli stracci indossati dalla ragazza, dalle umili faccende svolte, ma ne coglie il candore, la bellezza d’animo. Non rinuncia nemmeno di fronte alla morte della stessa. Il bacio, gesto antico e potentissimo, diviene metafora e simbolo della volontà umana, della lotta che l’uomo conduce con e dentro i limiti della propria esistenza. L’amore che vince la morte, infondendo spirito e desiderio. Il principe non compie magie particolari, non esibisce virtù speciali. Biancaneve non è il trofeo da conquistare, ma la compagna con cui condividere nuove sfide e fatiche, gioie e dolori. L’altro, il prossimo, è necessario alla comprensione di se stessi, in quanto orienta le scelte, dispiega opportunità, favorisce esperienze e traguardi fondativi. Nell’incontro, edifico la mia identità, intuendo nell’esercizio problematico e sfidante del limite il mistero profondo della libertà. 

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Luca Bugada
Luca Bugada
Luca Bugada, dottore magistrale in filosofia e in scienze storiche, insegnante, collabora con diverse testate giornalistiche e scientifiche, promuovendo cultura e memoria del sapere. "Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" (Lucio Anneo Seneca)

1 commento

  1. Stiamo tornando alle pratiche delle Congregazione dell’indice.
    Come diceva una volta la Chiesa, educare il più possibile, istruire quanto basta.
    L’ideologia della cancel culture in tutte le sue varianti sogna un mondo nel quale si possa vedere, leggere, ascoltare solo racconti e immagini edificanti che orientino il fruitore – tapino! – verso la giusta dottrina.
    Le dittature riscrivono i libri di storia, gli imam del politicamente corretto riscrivono anche le favole.
    E’ un’epoca di ignoranza e sottomissione quella che cercano di ripristinare.
    Credo che questa minaccia equivalga a quella del collettivismo in economia, e forse nel lungo termine sia anche peggiore.
    Il danno peggiore lasciato dal crollo dei paesi comunisti è stato l’incapacità delle persone ad essere artefici della propria vita, l’omologazione culturale alle assurde ideologie della cancel culture mira proprio a questo: a trasformare le persone in gregge obbediente e passivo, e in primo luogo ignorante.
    Non mi avranno mai, non CI avranno mai.

    Con affetto

    Alessandro

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