Poteva essere il giorno che tanti sognavano da tempo, quello della caduta di questo esecutivo, e tanti temevano da tempo, quello della caduta di questo esecutivo. Si è rivelato essere il giorno in cui Bonafede ha potuto tirare un sospiro di sollievo e Renzi si è rivelato per ciò che, intimamente, tutti abbiamo sempre saputo che è: un politico fatto e finito, in grado di decidere, con un mix di paraculaggine, dimestichezza ed inaffidabilità, nonostante uno sparuto gruppo di senatori e deputati a disposizione, le lune del governo.
Che dire di Bonafede? Il buon Alfonso si è confermato per l’ennesima volta completamente inadatto ad un ruolo, quello ministeriale, che dovrebbe essere prerogativa di chi ha un’alta conoscenza della materia di cui deve occuparsi, accompagnata ad un’aura da gran maestro, all’esperienza maturata sul campo e ad un physique du role mica da scherzi. Se pensiamo che il Ministero della Giustizia, una volta appannaggio dei vari Moro, Gonella, Reale, al grido “onestah” è stato affidato al buon Alfonso, avvocato di provincia di 44 anni, abilitato alla professione all’età di 34, senza alcuna infamia e alcuna lode, possiamo comprendere il perché il Paese è nello stato in cui si trova.
E chiariamoci: il Ministro, in questa vicenda non è acclarato colpevole in nulla, per cui ha tutto il beneficio del dubbio possibile. E’ innocente fino a prova contraria e nessuno deve permettersi di millantare alcunchè. Per questo, proprio, doveva dimettersi: perché le parole a volte pesano come macigni. Fu lui a sentenziare, nel gennaio 2016, che “Se c’è un sospetto anche chi è pulito si dimetta”.
No, caro Alfonso, non funziona così: il vostro giacobinismo, la ricerca di un colpevole a tutti i costi, il peso delle vite che avete distrutto, della credibilità personale che avete fatto a fette, ogni giorno vi si sta ritorcendo contro. Vi state riscoprendo come e peggio di chiunque altro. Aveva ragione il socialista Nenni nel dire che “a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”. Anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte ogni giorno: toccherà anche a voi essere epurati. Ci auguriamo presto.
Che dire di Renzi? Non basterebbe un libro. E sicuramente lui un libro, in vita sua, l’ha letto, non fosse altro che perché scritto da un suo conterraneo, quel Nicolò Machielli che espresse in un bignami di una lucidità spaventosa i requisiti del Principe.
Renzi, autentico squalo – e lo si legga nella declinazione che si vuole – della politica, ha fatto suo i tratti caratteristici della figura: è spregiudicato, affabulatore, inaffidabile, calcolatore. Tratti moralmente deprecabili, ma politicamente e personalmente utili, se è vero che con un partito che ad oggi galleggia sulla soglia del 2% riesci a fungere da ago della bilancia della peggior politica della storia repubblicana.
Ma non è Renzi ciò di cui l’Italia ha bisogno, non oggi che funge da deus ex machina di un governo farsesco, non ieri che – con un 40% – aveva illuso tanti (troppi) di area moderata, che avevano trovato nel politico fiorentino un valido rappresentante: perché Renzi, il gran rottamatore, si è confermato per ciò che è sempre stato.
La quintessenza del politico che, anziché dedicarsi all’esercizio del potere, aspira al mantenimento dello stesso, in una serie di piroette degne del miglior Bolle, che ne fanno figura sicuramente abile ma inaffidabile. Una figura onnipresente in Italia, in ogni piccola realtà locale – ed è per questo che lo avvertiamo così vicino ad ognuno di noi. A seconda del tirar del vengo, crea nemici dove vi erano amici e amici dove vi erano nemici. Fa parte del gioco accettare queste figure abili, fa parte del gioco evitare che facciano troppi danni.
Facciamo il giochino della torre: chi buttiamo giù tra Alfonso Bonafede e Matteo Renzi?
Non conviene direttamente buttar giù la torre?