Quasi tutti, quarantenati, alle 18 di ogni giorno ci colleghiamo per avere il “bollettino di guerra” di questa emergenza sanitaria. È naturale, dal momento che ogni giorno speriamo di vedere questa curva dei contagi che inizia a scendere. Ma non solo, c’è anche la più o meno conscia volontà di trovare una sorta di conforto, di rassicurazione, da parte dell’Istituzione, di chi è preposto – incaricato direttamente dal vertice del governo – di preoccuparsi per noi, stando in prima linea, affrontando questa battaglia per noi. Semplificando, l’appuntamento con il bollettino della Protezione Civile è il momento della giornata dove i nodi vengono al pettine, dove le voci che ovviamente si rincorrono nella giornata sui nostri telefoni, i sentito dire, le tesi anche più complottiste, si infrangono davanti all’Istituzione, davanti all’inoppugnabilità dei dati certi e puntuali che vengono dal rappresentate dello Stato. Eppure così non pare proprio…
Anzi la mano chi si sente rassicurato da Borrelli. Tralasciando la débâcle di ieri 24 marzo, quando davanti alla domanda di un giornalista che chiedeva conto di una sua intervista nella quale asseriva che i numeri non erano certi, ha farfugliato una risposta molto poco credibile, in generale il problema è molto più ampio. Per carità, non è che se la situazione è grave, si pretende che ci venga detto “non è nulla, non vi preoccupate”, però quello che qui manca non è una bella favola, ma il carisma di chi dia l’idea di saper affrontare la questione. Il problema infatti è questo: Borrelli e chi lo accompagna, di volta in volta, non danno l’impressione di avere il quadro sotto controllo. Sembrano venire semplicemente a ripetere a memoria una lezioncina scritta da qualcun altro poco prima, non fugano mai a pieno i dubbi. Ad esempio sui numeri, ballerini, ufficiosi, ufficiali. I contagi, da ogni parte si sente che molti trentenni sono malati ed intubati (le agenzie stampa riportano il comunicato della Federazione medici di famiglia (Fimmg) Lombardia che parla di almeno 1800 contagiato sui 30 anni), però questi dati non solo non vengono mai confermati in conferenza stampa, ma il dramma è che non vengono nemmeno smentiti.
Quando i giornalisti pongono domande, spesso la risposta è trincerata dietro una seria di ipotesi da verificare, dati da accertare. Le mascherine? Ovunque si sentono appelli in merito alla mancanza dei DPI, ma non c’è quasi giorno in conferenza stampa in cui non si riporta di immediati approvvigionamenti, nuove forniture, ecc. dove sono? Ma voi le trovate nei negozi? Per non parlare della reticenza a fare stime. Capiamo bene che non sia facile e che il rischio di illudere la gente sia alto, ma non è nemmeno possibile che la maggior parte delle stime vengano fatte con interviste ai giornali, continuando poi in conferenza stampa col refrain “non possiamo fare ad ora stime”.
Insomma, l’idea che traspare non è di un Bertolaso al comando, consapevole del ruolo e pronto a trascinare e motivare anche i collaboratori (come è stato riportato due giorni fa da un quotidiano nazionale), di una persona quindi con i poteri operativi che sa come usarli e sa come gestire ogni avversità, l’idea che arriva a casa è quella di un bravo burocrate che viene lì, fa il suo compito, riporta i dati in maniera più o meno convinta e… basta. Una sorta di portavoce asettico. Non è questo che il ruolo impone, non è questo che l’emergenza richiede. Passi anche il professore di turno molto poco avvezzo ai media al suo fianco, perché un tecnico sanitario non deve essere certamente un gran comunicatore, ma il front-man della protezione Civile si deve distinguere. Non solo per le felpe.
Chiaramente auguriamo al dott. Borrelli, sentite le ultime notizie, di rimettersi presto, sperando che risulti anche negativo al COVID-19. Ma al netto di questo, qualcosa deve cambiare, perché sono tempi eccezionali che richiedono personalità eccezionali, non bravi ed ordinari funzionari di Stato.