Un editoriale surreale quello di oggi a firma di Luigi Ippoliti sul Corriere della Sera. L’editorialista di stanza a Londra “lamenta” che ora lì lavorano tutti, si va verso la piena occupazione, con la disoccupazione che “guadagna” un misero 4% ( in Italia è intorno al 10% con picchi miserevoli al SUD), i salari aumentano, ma soprattutto, apriti cielo, i profitti delle aziende vengono intaccati.
Soprattutto, secondo Ippoliti, la Gran Bretagna, avendo raggiunto la piena occupazione, rischierebbe di non trovare più gente che fa i lavori che gli altri non vogliono fare, a causa delle “chiusure” della Brexit.
Come se uno Stato libero e Sovrano, se davvero si trovasse nella situazione assurda predetta, non avesse gli strumenti e il potere di aprire le porte a un’immigrazione controllata e basata sul fabbisogno lavorativo. Come se ci fosse bisogno di manovali polacchi (Ippoliti dixit) o di programmatori informatici indiani o cinesi, il Regno Unito non potesse semplicemente aprire a un flusso di migranti in linea con il fabbisogno lavorativo interno, come del resto ogni Nazione civile dovrebbe fare. La Brexit, a differenza della Ue e dell’euro non è una religione con dogmi indiscutibili, ma solo una scelta politica.
Un editoriale, quello di Ippoliti, che fa sorridere per la faziosità incommentabile con cui arriva a criticare il raggiungimento di un livello di benessere auspicabile anche in Italia e ovunque le catene UE da anni aumentano crisi, disoccupazione, livello salariale.