Il caporalato è un problema molto vivo e sentito in Italia, che sicuramente ha subito un notevole balzo in avanti (ovviamente, in senso negativo) da quando l’immigrazione clandestina è diventata incontrollata. Una questione quasi potremmo dire logistica: come provvedere al futuro di decine di migliaia di persone che giungono tutte d’un colpo, specialmente se non si è provveduto a stilare un piano di accoglienza e di integrazione? Non vogliamo certo addossare alla sinistra di governo degli ultimi venti anni tutte le colpe di un fenomeno ben più complesso di come è stato qui analizzato. Ma certamente, quando il centrodestra ha invece inteso fermare le partenze dei flussi migratori in modo costruttivo (con accordi preventivi), non era una questione di razzismo, come ha voluto far credere il mondo progressista, ma si trattava soltanto di buonsenso: evitare che le masse di disperati diventassero facile manovalanza per le mafie. Perché, alla fine dei conti, la scelta degli immigrati male integrati o per nulla integrati (non per forza, come detto, a causa loro) è tra due possibilità: unirsi alla criminalità di quartiere o cedere al caporalato, che è esso stesso una forma di criminalità organizzata. A parte rari casi virtuosi, una cattiva integrazione mette a rischio la sicurezza interna di una Nazione.
Renzi depenalizzò il reato
Sta di fatto che l’impegno del Governo Meloni per risolvere la questione non è mai mancato, anche indirettamente: si intende, dunque, che tutte quelle misure attuate per combattere l’immigrazione clandestina hanno avuto una forte ingerenza sul fenomeno del caporalato. Tra queste spicca sicuramente il Piano Mattei, che vuole semplicemente una cosa: creare sviluppo nei Paesi africani, in modo tale da permettere ai potenziali migranti di non lasciare la Madrepatria e di unirsi alle Nazioni occidentali mal integrandosi. Ma oltre a questo, anche altre misure sono sul tavolo delle trattative per trovare attuazione al più presto. Difficile, però, non notare l’ipocrisia della sinistra, che sul tema, a quanto pare, ha sempre glissato, senza provvedere mai a risolvere la questione nel concreto. Si ricordino, ad esempio, le lacrime dell’allora ministro dell’Agricoltura nel governo Conte Bis Teresa Bellanova, che era sicura di aver sconfitto il caporalato. Ovviamente non è stato così. In realtà, anni di sinistra al governo hanno accentuato il problema: durante il question time di alcuni giorni fa alla Camera, il titolare del Masaf Francesco Lollobrigida ha voluto chiarire come stanno le cose, rispondendo alle critiche di Italia Viva: “Vorrei ricordare all’interrogante – ha dichiarato – che proprio il Governo presieduto da Matteo Renzi come presidente del Consiglio operò una depenalizzazione – che io considero sciagurata – del reato di somministrazione illecita di manodopera i cui effetti devastanti hanno portato solo nei primi due anni a un incremento di questo genere di violazione di circa il 39%. È solo grazie al Governo Meloni che il reato di somministrazione illecita è stato finalmente reintrodotto”.
Prevenzione e assunzioni
In particolare, si è parlato della legge 199 del 2016, che secondo la Flai-Cgil deve trovare concreta applicazione, nonché ampliata, incolpando di fatto il governo di negligenza e di disinformazione. Ma alla critica del sindacato verso il ministro Lollobrigida ha risposto Luca De Carlo, presidente della commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione: “La legge c’è e in commissione stiamo lavorando anche per renderla più facilmente attuabile attraverso emendamenti. Stupisce il fatto che qualche organizzazione sindacale si renda conto solo ora del problema. Con l’emendamento da me proposto e che proprio in questi giorni andrà al voto – ha annunciato il senatore – istituiamo un importante strumento di controllo e di prevenzione che vede una stretta collaborazione tra istituzioni. Il nuovo sistema – ha spiegato – infatti permetterà di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell’agricoltura”. L’emendamento in questo infatti istituisce il Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura, che “coinvolgerà il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il ministero dell’Interno, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) e l’Istituto nazionale di statistica (Istat). In questo modo – ha detto De Carlo – le istituzioni, ognuno per la sua parte di competenza, metteranno a disposizione tutti i dati sulle attività agricole, dai rapporti di lavoro al numero di aziende attive, fino ai dati retributivi, contributivi e sugli infortuni e alla situazione economica delle imprese è molto altro”. Insomma, si tratta di una banca dati che permetterà all’esecutivo di “intervenire con azioni mirate di prevenzione e contrasto”. Ed è infine notizia che INAIL e INPS sono pronte ad assumere altri 500 ispettori per la lotta al caporalato. Ancora una volta, al di là delle questioni ideologiche, il Governo Meloni dimostra una concretezza estranea a tutti gli altri esecutivi precedenti.