Cara Repubblica, questo non è un beffardo dietrofront della Storia

Se ne è accorta anche La Repubblica. Quella dei ‘porti sempre aperti’; quella pronta a puntare il dito contro ‘l’odiocrazia’ (termine bruttissimo e senza senso); quella tanto per intenderci delle solidarietà a senso unico, visto che quando si tratta di guardare ai fatti con l’occhio destro chissà perché diventa strabica. Ebbene oggi in un articolo, con tanto di richiamo in prima pagina, a firma di Massimo Giannini “Il beffardo dietrofront della Storia”, racconta come la crisi sanitaria del Covid-19 stia tirando a tutti noi un “tragico scherzo del Destino”, quello di una “Fortezza Europa” che starebbe nascendo per disperazione. Non più “una federazione di Stati democratici che si aprono al mondo”, ma “una moltitudine di Paesi spaventati” che “si riducono diritti e libertà civili e insieme si rinchiudono dentro il muro dei propri confini nazionali e continentali”. Ecco, finalmente La Repubblica, ma sarebbe meglio dire tutto il mondo che essa rappresenta, dall’economia alla cultura, dalla politica alla società, si è accorto della crisi del mito della società senza frontiere, sia fisiche e sia immateriali, su cui da almeno un trentennio ha fondando il suo messaggio.

Di contro è abbastanza singolare che nello stesso giorno sul Corriere della Sera sia apparso un articolo a firma di Ernesto Galli della Loggia, che da tempo ormai staziona sul fronte ‘nazionale’, il quale si domanda in maniera retorica “dove sono andati a finire – mi domando da giorni di fronte allo spettacolo dei tricolori esposti alle finestre, all’inno nazionale intonato da mille voci – e che cosa hanno da dire quelli de ‘l’identità italiana non esiste’? Quelli che si proclamavano orgogliosamente “contro le radici?”, quelli che fino a ieri proponevano di mettere al bando parole come nazione e nazionalità perchè secondo loro contenenti un potenziale violento pronto a giustificare aggressioni civili e guerre?”. Molto chiaro il senso.

Ebbene torniamo a La Repubblica. Oggi è costretta a raccontare, ma senza avere l’onestà intellettuale di ammetterlo, il fallimento di chi credeva e pensava che gli Stati nazionali, le culture nazionali e gli stessi confini fossero superati. Orpelli di un tempo passato. Che il progresso doveva essere rappresentato da una cultura mondialista dove le differenze, di qualsiasi tipo, dovessero essere abolite per giungere a costruire un mondo in cui gli Stati sarebbero diventati inutili, sostituiti da realtà sovranazionali (tipo l’Unione europea).

La verità è che questo fallimento è datato nel tempo, soltanto che il “Sistema Repubblica” ha cercato di far finta di nulla, di continuare nel suo racconto accorgendosene soltanto adesso e come scrive Giannini, aedo da sempre di questa visione, in maniera ‘beffarda’ e per un ‘tragico scherzo’. In realtà non si tratta né di uno scherzo né di un evento beffardo ma della normale evoluzione del corso storico. E’ dalla crisi del 2008 che questa visione è stata affondata, sconfitta. Quella crisi finanziaria ed economica ha segnato il tramonto della religione della globalizzazione, generando nel tempo la Brexit, Trump e lo stesso M5S fino a quello che descrive Giannini come ‘il dietrofront della Storia”.

Ma non si tratta di un dietrofront, semplicemente è la fine di un’idea di società, plasmata dalla globalizzazione e che non ha prodotto quello che aveva promesso e cioè il superamento delle differenze per costruire una società di eguali; sospinta dalla diffusione di internet, la globalizzazione avrebbe dovuto mettere in contatto costante e continuo uomini annullandone le distanze, garantendo la fruizione di uno stesso bagaglio di valori di libertà e di democrazia, sempre però mediati da coloro che, senza subire, gestivano e guidavano la globalizzazione. E dagli uomini tutto ciò sarebbe trasferirsi alle merci, sia fisiche e sia immateriali, che così avrebbero potuto circolare liberamente e senza alcun freno (e purtroppo spesso anche senza alcuna regola). Soltanto questo aspetto alla fine si è completato pienamente con effetti nefasti, quali il dilagare della speculazione finanziaria e la concorrenza sleale di prodotti a prezzi bassissimi frutto della sistematica violazione dei diritti dei lavoratori, che hanno messo in ginocchio tante produzioni nostrane.

La crisi del 2008 non ha fatto altro che togliere il velo a questa architettura, mostrando come davvero la globalizzazione ha trasformato il mondo. Un luogo in cui chi era più ricco poteva esserlo ancora di più e chi invece era più povero si è ritrovato ancora più povero. Insomma, le periferie del mondo si sono moltiplicate anziché ridotte, e il numero degli emarginati è aumentato, approfondendo le differenze e le divisioni piuttosto che favorire l’integrazione.

Francamente c’era da aspettarselo. E’ sempre accaduto che quando un’ideologia ha indicato all’orizzonte un mondo in cui tutti potessero essere uguali, facendo giustizia delle differenze sociali, questo si trasformasse in un’oligarchia ad appannaggio della classe sociale, culturale ed economica che deteneva i mezzi economici e finanziari per guidare e sostenere questo mutamento. E’ capitato con la rivoluzione francese, si è ripetuto con quella comunista e si è confermato con la globalizzazione che la sinistra, non più comunista perché travolta dalle macerie del muro di Berlino, ha posto come nuovo orizzonte del domani. E infatti nel crollo di questa visione c’è anche tanta parte della crisi della sinistra di oggi, che spogliata della narrazione globalista oggi si trova incapace di trovarne un’altra.

Ecco caro Giannini, non si tratta di qualcosa di beffardo, ma semplicemente che è stata smascherata una menzogna, quella che la globalizzazione avrebbe prodotto una società migliore, senza guerre e conflitti (che invece sono aumentati). Ha ragione lo storico Gervasoni quando afferma che con la caduta del muro di Berlino si è aperta l’età delle illusioni, tragicamente finita poi nel 2008. Allora era già chiaro che quelle illusioni erano tali. Ma soltanto al Sistema Repubblica nessuno finora se ne era accorto e stenta ancora a volerci credere visto che Giannini alla fine scrive: “Dobbiamo sapere che la Grande Muraglia costruita intorno al Vecchio Continente, se può essere una risposta indispensabile oggi, deve tornare ad essere inaccettabile domani”. Chissà se Giannini sa che dallo spazio è visibile proprio la Grande Muraglia cinese. Ci vuole il telescopio, ma questo dovrà pur significare qualcosa. No?

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