Caro libri, soglie ISEE e diritti negati.

All’inizio dell’anno scolastico siamo bombardati dalle notizie relative al “caro libri” e dagli sconfortanti dati snocciolati dalle associazioni dei consumatori sui prezzi del corredo scolastico: somme da capogiro che variano da un minimo di 400 euro fino ad  oltre i 900 euro a ragazzo.

Ogni anno che passa segna un rincaro e la spesa più rilevante resta sempre quella per i libri di testo.

Lasciamo ad altri numeri e statistiche e proviamo ad entrare i primi giorni di settembre in una cartolibreria di provincia, di quelle che vendono ed hanno venduto libri ai ragazzini per generazioni, passando di padre in figlio.

Siamo qui, con la nostra lista in attesa che ci vengano consegnati i libri ed attendiamo un po’ perdendoci in chiacchiere mentre la cartolaia, proprietaria, cassiera e fac totum del negozio riveste i testi con le mitiche copertine trasparenti, quelle che alla fine dell’anno saranno piene di adesivi e di ricordi, nomi, cuori e firme di ragazzini con gli occhi carichi di sogni.

Nel frattempo si affacciano altri clienti, moltissimi extracomunitari, moltissimi indiani in queste zone, quasi nessuno in grado di parlare l’italiano.

Consegnano dei fogli che attestano il loro diritto ad avere il contributo per l’acquisto dei libri scolastici, anche se la maggior parte ignora quali siano i testi da acquistare.

Un ragazzone dal volto spaesato alto due metri e accompagnato dal padre ha necessità di un libro per il secondo anno di ragioneria, ma non sa comunicarlo, il papà maldestramente gli fa da interprete.

Entra poi una signora, timida e ritrosa chiama da parte la proprietaria e le chiede con le lacrime agli occhi se può pagare a rate. La sua figliola deve andare in prima media, lei non ha  i soldi per poterle comprare i libri, si vergogna, non sa cosa dire alla bambina. Si può risparmiare su tutto, ma i libri deve averli.

La cartolaia prende la sua lista, la rassicura e le dice che potrà pagare dopo, non appena arriverà lo stipendio al marito, un acconto e poi un po’ alla volta.

Ed ecco che questa immagine si tira dietro amare riflessioni.

E’ vero che in attuazione dell’art. 34, 3° comma Cost, una Legge ha stabilito che lo Stato trasferisce alle Regioni, che a loro volta si avvalgono dei comuni, delle somme per garantire il diritto allo studio nei casi di indigenza. Tuttavia, per poter accedere a questi contributi è richiesto un reddito ISEE inferiore alla soglia annua di circa € 10.600,00.

Le famiglie italiane, anche quelle monoreddito e a rischio povertà, superano questa soglia e quasi mai riescono a giovarsi dei contributi per l’acquisto dei libri di testo, che invece nella quasi totalità dei casi vengono devoluti a famiglie di immigrati, i cui bambini purtroppo non parlano spesso neanche l’italiano e che vengono fatti progredire nei percorsi scolastici nonostante tutto e senza una seria mediazione culturale.

Ed ecco che queste maledette soglie ISEE diventano uno sbarramento al diritto allo studio dei nostri figli, perché se hai un solo reddito, paghi il mutuo di casa, le tasse e hai avuto la malaugurata idea di fare uno o due figli, né riesci ad accedere ai contributi, né puoi  spendere ogni anno 500 euro per comprare i libri.

Così, la fissazione di una “soglia di sbarramento reddituale” evidentemente non ancorata alla realtà, ma neanche alla verosimiglianza, esclude a priori moltitudini di ragazzi dalla possibilità di ottenere un diritto fondamentale, costituzionalmente garantito e sacrosanto nel merito.

E questo, purtroppo, è solo uno dei paradigmi di un’Italia che rinuncia al proprio futuro, che non investe nei propri giovani e che ammicca ad una massificazione culturale orientata verso il basso.

Ci si chiede dunque se non sia solo ignavia o se se questo atteggiamento si iscriva in un preciso disegno che ci vuole in un prossimo futuro sudditi e non più cittadini senzienti, tanto più se ci facciamo tornare alla mente le parole di Calamandrei, giurista illuminato, che diceva “trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere”.

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