La vicenda dei migranti trasferiti in Albania ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica scatenando un intenso dibattito sia a livello nazionale, che europeo.
Il tutto è iniziato il 4 ottobre, con la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che si è espressa contro alcune pratiche adottate dal governo italiano nella gestione del trasferimento dei migranti verso l’Albania.
Appellandosi ai diritti umani fondamentali, ha richiamato l’Italia al rispetto delle convenzioni internazionali, in particolare sul principio di non respingimento.
Sulla base di questa sentenza, pochi giorni dopo il Tribunale di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento dei 12 migranti a Gjader.
Subito dopo il ricorso del Governo italiano che difendeva l’accordo bilaterale firmato con il Primo ministro albanese, Edi Rama, per la creazione di centri di accoglienza in Albania che gestissero i migranti, con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani.
Poi, la decisione finale della Cassazione che ha messo a tacere le strumentali polemiche, dando ragione all’Esecutivo Meloni.
“Spetta ai ministri valutare i paesi sicuri’’: La Cassazione dà ragione al governo
La Cassazione ha messo la parola fine alle a quella linea di interpretazione che ha portato la sezione immigrazione del tribunale di Roma, il 18 ottobre scorso, a decidere per l’annullamento del trattenimento dei dodici migranti che erano stati trasferiti nella struttura di Gjader.
“Sarà compito dei ministri valutare i Paesi sicuri per il rimpatrio dei migranti.’’
Lo scrivono i giudici della prima sezione Civile della Suprema Corte in un documento di 35 pagine sciogliendo la riserva, dopo l’udienza del 4 dicembre scorso, sui ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania.
I giudici romani, avevano sollevato obiezioni sulla qualificazione di Egitto e Bangladesh come “Paesi sicuri”, sottolineando che in queste nazioni alcune categorie di persone, come omosessuali, dissidenti politici e sfollati climatici, subiscono persecuzioni. Per supportare questa posizione, avevano applicato in modo estensivo una sentenza della Corte di Giustizia Europea, ma questa riguardava un tema diverso: la presenza di aree geografiche non sicure all’interno di un paese.
La Cassazione, tuttavia, ieri ha chiarito che tale interpretazione non può essere accolta, poiché non pertinente.
Nella sentenza si legge infatti: “Dalla decisione della Corte di Giustizia non sembrerebbe derivare, come implicita conseguenza, l’esclusione della compatibilità con la nozione di paese sicuro nel caso in cui l’insicurezza riguardi specifiche categorie di persone’’.
Una decisione chiara e inequivocabile che dà ragione al Governo Meloni, che si è battuto affinché la sua posizione fosse rilevante nella gestione dell’immigrazione irregolare.
La Cassazione ha messo a tacere un dibattito che si è protratto già per troppo tempo.
Ha ribadito che la nozione di “Paese sicuro” può essere applicata anche se in tali paesi esistono situazioni di vulnerabilità per determinate categorie, lasciando al governo la responsabilità di tali valutazioni.
Si tratta di applicare criteri chiari e razionali. Se un Paese è considerato sicuro, è giusto che i migranti possano farvi ritorno senza che l’Italia debba farsi carico di ulteriori oneri o rischi e un paese, può essere considerato sicuro anche se al suo interno alcune categorie di cittadini vengono discriminate.
Una vittoria, non solo per il governo ma soprattutto per gli italiani che hanno deciso due anni fa alle urne di voler cambiare approccio nei confronti di un’immigrazione non più tollerabile.
La Cassazione ha lasciato carta bianca al governo: ai ministri il compito di decidere. E il governo ha dimostrato di essere all’altezza delle sfide.