Censura e fascismo, la strategia della sinistra fallisce ancora

Lo spettro fascista non ha funzionato, ancora una volta. Anzi, pare che a forza di invocarlo, con un effetto uguale e contrario, quelli che vengono accusati di essere fascisti si rinforzano, rinforzano il loro consenso, mandano all’aria qualsiasi speranza che una simile strategia possa funzionare. È successo nel 2022, è accaduto nel 2024. Identico e preciso, soltanto con un 3% di differenza (in più).

Come nel 2022

Quando, a inizio 2022, ci si rese conto che la legislatura stava per terminare e, finalmente (e inevitabilmente), di lì a qualche mese gli italiani sarebbe tornati nelle urne. Con il cuore in gola, sfogliando i sondaggi, i sinistri, forti di quasi cinque anni di governo, si ritrovarono giù da quel piedistallo sul quale erano saliti senza l’invito di nessuno: spossati dalle correnti interne e dai litigi con i “colleghi” dell’allora maggioranza, i dem non avevano più idee. Almeno nessuna idea alla quale non si potesse rispondere: “Siete stati al governo, perché non l’avete fatto prima?”. Domanda semplice quanto lecita. E a vedere i sondaggi che davano Fratelli d’Italia in costante crescita oltre il 20%, i dem scelsero una sola strada: quella della delegittimazione, della denigrazione, facendo passare il messaggio che votare per la Meloni equivaleva a fare un passo verso un ipotetico regime. Da una parte, la strada della coerenza (Fratelli d’Italia non si intromise neppure nel governo arcobaleno di Mario Draghi), dall’altra la strada del sensazionalismo. E così ci furono polemiche sull’amicizia tra Orban e Meloni, sulla derivazione dal Movimento Sociale Italiano, sul simbolo della fiamma tricolore e persino sulla proposta di voler incrementare lo sport tra i giovani contro le “devianze”. In pratica, per la sinistra lo sport è nemico della democrazia.

Patenti di democraticità

Mai paghi di figuracce e ancora a corto di idee (su molte cose, resta ancora il dilemma “perché non l’hanno fatto loro?”), la strategia della sinistra per queste europee è stata la stessa. Con la differenza che prima era soltanto ipotesi, ma con il governo in carica la sinistra cercava (invano) di dare maggiore legittimazione ai suoi spauracchi, di trovare (invano) qualcosa di vero su cui basarsi. Una preparazione di quasi un anno, proteste e accuse partite mesi prima del voto. Tutto finalizzato a una descrizione della destra lontana dalla realtà. Mesi e mesi a parlare di censure, a protestare liberamente nelle televisioni, nelle strade, nelle piazze contro il presunto bavaglio ai giornalisti e contro le presunte limitazioni al diritto d’informazione. La deriva fascista, a sentirli parlare, era dietro l’angolo. Si aggrappavano alle singole virgole dei discorsi. E non importa quante volte il Presidente del Consiglio avesse preso le distanze, personalmente e istituzionalmente, dalle violenze nazi-fasciste e dai crimini di guerra: c’era sempre qualcosa che non andava. “Bisogna dire antifascista”, “bisogna nominare Mussolini”, “bisogna condannare il fascismo”: hanno distribuito per mesi interi patenti di democraticità, senza però averne pienamente diritto (hanno fatto la guerra all’eliminazione delle onorificenze a Tito, la mente dietro le stragi delle foibe).

Una strategia che ha fatto flop

Apparentemente la strategia sembrava aver attecchito: a girare per le televisioni (altro che “Tele-Meloni”!), si sentiva parlare soltanto di censura e di fascismo. Questo e nulla più. Nei salotti serali, nei notiziari, nei congressi, anche sui social: tutti si lamentavano liberamente di essere stati imbavagliati dalla censura del nuovo regime di centrodestra. Ma, alla fine, a ben guardare, erano sempre gli stessi, sempre i soliti che da anni fanno la guerra al partito di destra dominante di turno. Prima Berlusconi, poi Salvini, ora Meloni: tutti potenziali dittatori del nuovo millennio, a sentirli parlare. Tuttavia, la monopolizzazione dell’informazione ha fatto flop, come fece flop lo sciopero indetto dall’Usigrai contro la censura governativa. Oltre i salotti dei benpensanti, oltre alle proteste degli antagonisti nelle università, c’è un’Italia diversa, la maggioranza dei cittadini che non crede alle frottole della sinistra, che ha ben capito come urlare al fascismo sia solo un metodo per acchiappare voti. Metodo fallimentare, ovviamente: Fratelli d’Italia, che invece ha lasciato parlare i fatti, ha lasciato che i cittadini valutassero l’operato del governo di destra, ha raggiunto il 28,8% delle preferenze e il centrodestra unito è salito al 47%. Circa 3 punti in più per il partito di Giorgia Meloni rispetto al 2022, 4 punti in più per l’intera coalizione. E questo basta per smontare, ancora una volta, le inutili proteste della sinistra.

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