Charles Michel, simbolo di un’Europa in ritardo cronico

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha rilasciato all’ANSA un’articolata intervista, spaziando su quelle tematiche destinate a condizionare il futuro del Vecchio Continente e tirando in qualche modo le somme visto che il suo mandato è vicinissimo alla conclusione. L’1 dicembre Michel cederà il posto al successore Antonio Costa. Un po’ a sorpresa, almeno per il campo conservatore italiano e continentale che determinate cose le sostiene da sempre, Charles Michel ha svolto ragionamenti condivisibili e indirizzati verso l’idea di una Unione Europea diversa dall’attuale nano politico-militare e gigante burocratico. Proprio come ritiene da tempo immemore la destra conservatrice di Giorgia Meloni, anche Michel pare essersi convinto del fatto che l’Europa non possa crogiolarsi in un ruolo di museo del mondo. Il Vecchio Continente viene definito appunto vecchio perché è evidentemente più carico di Storia di altre macro aree globali, ma, fatto salvo il doveroso rispetto per il passato e le radici, l’UE, ci è arrivato anche Charles Michel, deve rimettersi in gioco, aumentando la propria competitività e aspirando ad una maggiore sovranità attraverso investimenti più cospicui nel settore della difesa. A questo punto ci viene in mente solo la confederazione delle Nazioni europee lanciata da Giorgia Meloni, da Fratelli d’Italia e dai Conservatori e Riformisti di ECR, ovvero, una comunità continentale unita sui grandi temi che contano davvero nel pianeta e meno impegnata a distribuire ordini fastidiosi agli Stati membri circa questioni che possono e devono rimanere di pertinenza nazionale, dai temi etici a quelli ambientali e sino ad arrivare alle libertà individuali, (l’ultima trovata di Bruxelles è un divieto di fumo ancora più severo degli attuali già esistenti, e già sufficienti, da imporre in tutta l’UE). L’Europa, anziché perdersi in un cieco dirigismo non necessario e genuflettersi di fronte agli interessi di ristrette elite a scapito di milioni di lavoratori, come accade nella sempre più discussa e discutibile transizione green, deve mettere in cima alle proprie preoccupazioni essenzialmente due giganteschi argomenti. Darsi una politica industriale e commerciale univoca, per evitare lo stritolamento fra i grandi blocchi, quello nordamericano e quello cinese, e investire almeno il 2 per cento del PIL nella difesa militare, al fine di non delegare ogni aspetto della sicurezza mondiale agli Stati Uniti. Fa piacere che Charles Michel inizi a pensarla come Giorgia Meloni e pure come Donald Trump, il quale invita da anni l’Europa ad assumersi la propria fetta di responsabilità nel globo. Accogliamo anche le parole del presidente del Consiglio Europeo circa l’accordo Italia-Albania sui migranti. Michel vede la collaborazione fra Roma e Tirana come una interessante novità e invita l’Unione Europea a non avere paura di esplorare modi inediti di gestire e combattere l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani. Egli nota una nuova consapevolezza delle classi dirigenti europee in merito all’emergenza migratoria, una coesione continentale assente fino a pochi anni fa. Se i governi europei si sono finalmente “accorti” dell’arrivo nel Vecchio Continente di masse di individui in balia di organizzazioni criminali, ciò lo si deve ad una premier di nome Giorgia Meloni che, subito dopo il proprio insediamento a Palazzo Chigi, ha posto con vigore il problema presso i partner UE, e Michel avrebbe fatto bene a ricordarlo nel corso della sua intervista all’ANSA. Non ci fa dispiacere che Charles Michel abbracci ora le idee dei conservatori, ma ci rammarichiamo che lo faccia con un insostenibile ritardo, al momento della fine del mandato. Invece di giudicare fino all’altro ieri, insieme ad un certo establishment di Bruxelles, i conservatori come un pericolo sovranista e razzista per l’UE, avrebbe svolto un lavoro più utile come presidente del Consiglio Europeo se si fosse accorto prima della bontà delle posizioni di Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia e di ECR.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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