Non si è ben capito se sia stata Alleanza Verdi Sinistra a sminuire l’apporto di Ilaria Salis alla sua crescita elettorale oppure sia stata la stessa Salis ad allontanarsi di sana pianta. Per quelli che sostengono che la verità sta nel mezzo, probabilmente entrambe le tesi possono convivere. E le motivazioni non mancherebbero.
Visibilità per libertà
Registriamo prima i fatti degli ultimi giorni. Ilaria Salis, imprigionata in Ungheria con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra, era stata candidata nelle liste della sinistra radicale italiana. Era diventata un simbolo per quella parte politica, l’emblema della lotta senza confini contro i neri, che giustifica ogni mezzo. Era diventata in poco tempo la paladina della sinistra, un simbolo internazionale di ribellione, specialmente dopo le immagini giunte in Italia nelle quali veniva ritratta incatenata nel tribunale ungherese (fatto grave, ma certo non il peggiore che possa capitare a un essere umano). Lì la giustizia fa sul serio e la Salis rischiava seriamente di restare un bel po’ di tempo in quelle carceri. Di qui l’ideona di Bonelli e Fratoianni, i quali per mesi hanno cercato gente, più simile a fenomeni da baraccone, forte mediaticamente e che potesse apportare un contributo ideologico alla corsa di Avs alle europee. Un po’ come successo con la figura (la figuraccia) di Soumahoro, il paladino dei migranti che era già stato erto per diritto a simbolo della nuova sinistra italiana dopo il flop delle politiche 2022, prima ancora dell’avvento di Elly Schlein. L’idea era questa: candidare proprio la Salis. Così, da una parte, Avs avrebbe ricevuto l’impatto mediatico che ha ricercato pure in altri personaggi come Christian Raimo, mentre la Salis, se eletta, avrebbe ricevuto l’immunità parlamentare e l’avrebbe fatta franca nei confronti della giustizia ungherese. Quella stessa immunità parlamentare che la sinistra è stata sempre pronta a criticare.
Il rischio di un nuovo Soumahoro
Salis viene eletta e Avs sale al 6%, un risultato storico per un partito di sinistra radicale. Un risultato che pone il problema di un possibile (e probabile) percorso verso la radicalizzazione della politica, ma questo tema ora non sarà sviluppato. Piuttosto ci soffermeremo sulle ultime ore trascorse dal nuovo trio, a quanto pare già agli sgoccioli: Bonelli, Fratoianni e Salis. L’attivista di estrema sinistra dalle migliaia di euro di debiti per mancato pagamento di case popolari, è tornata in Italia, a Monza, alla casa dei genitori. Alla casa del padre, di quel Roberto Salis autore di post sui social invecchiati malissimo e su cui i profili di Atreju sono stati prontissimi a memare: “Piuttosto che votare per Di Maio, Speranza, Cirinnà, Fratoianni, io emigro”, scriveva nel recentissimo 2022. Ora quel Fratoianni è servito per riportare a casa la famiglia. E scriviamo servire con una certa cognizione di causa perché, se le cose non cambieranno, sembra proprio che oltre il do ut des sopra descritto (visibilità in cambio di libertà), non sembra esserci nulla più. Sembra piuttosto essere rimasto soltanto il pericolo di creare un nuovo Soumahoro. E così, Avs pare aver abbandonato la sua attivista: oltre le felicitazioni per essere tornata in Italia, il duo Bonelli-Fratoianni ha prima ridotto l’importanza della candidatura della Salis, sostenendo che l’ascesa di Avs sia merito di un “programma chiaro”. Tanto chiaro da prevedere incomprensibili tasse green ovunque. Poi, al suo arrivo a Monza, la Salis non ha visto nessuno ad accoglierla, se non parecchi giornalisti. Nessun drappo di partito, nessun militante, nessun esponente, nessun collega.
Salis, grande assente alla festa di Avs
Il colmo si è avuto ieri, quando anche gli stessi militanti di Avs sono apparsi frustrati davanti al fatto che la Salis, ormai eletta da giorni, non ha mai rivolto un grazie né al partito né ai suoi elettori per i voti che l’hanno liberata. Tant’è che alla festa di Avs a Milano, dove era atteso un suo collegamento direttamente dal suo divano di casa, non si è presentata. Al suo posto, è apparso il padre Roberto. Dal pubblico qualcuno chiede di Ilaria. L’imbarazzo è palpabile, rispondono “ci hanno detto che non era in condizione di intervenire”. Forse Salis era veramente stanca, dopo un anno e mezzo di detenzione cautelare e un viaggio Budapest-Monza in automobile. Ma almeno un grazie ai 170mila suoi elettori, poteva rivolgerlo. Tuttavia, se la rottura con Avs è avvenuta davvero, sarà possibile saperlo solo quando vedremo la sua attività da eurodeputata. Il padre assicura: “Sarà una sorpresa”. Se è consentito, noi dubitiamo.