Chi sosteneva l’autonomia oggi chiede il referendum

È stata ufficializzata la richiesta da parte di cinque Consigli regionali, a norma dell’art. 75 della Costituzione per richiedere l’abrogazione della Legge sull’Autonomia. 

Emilia Romagna, Toscana, Campania, Sardagna e Puglia, hanno dato il via libera alla richiesta, ora al vaglio dalla Corte Costituzionale, per indire il referendum abrogativo sulla legge per l’autonomia differenziata promulgata dal Capo dello Stato lo scorso 26 giugno. 

Attuare la riforma del Titolo V della Costituzione

Occorre ricordare che l’autonomia differenziata è una riforma prevista già dal programma del centrodestra, per poter dare una cornice di regole; ad un principio, quello dell’autonomia differenziata, introdotto in Costituzione dal centrosinistra con la riforma del Titolo V del 2001. 

Le giravolte di Bonaccini, De Luca, Giani ed Emiliano

È il caso dell’Emilia Romagna con la Giunta Bonaccini, di cui faceva parte anche l’attuale segretaria del PD Elly Schlein, nel 2013 siglava un’intesa in tema di autonomia con il Governo Gentiloni. Oggi cercano di criticare l’autonomia “accusando” Lombardia e Veneto di aver richiesto un numero ben maggiore di competenze rispetto a quanto richiesto dall’Emilia Romagna, dimenticando però che tutte le richieste pervenute dalle varie Regioni si basano proprio su quanto introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione. 

Grande giravolta anche per il governatore della Campania che cinque anni fa esatti presentava al Governo Conte, l’intesa per il trasferimento di diverse competenze dallo Stato centrale al controllo regionale dichiarando trionfalmente alla stampa: “Abbiamo chiesto al Ministro – dichiarava il Presidente De Luca – di firmare quanto prima possibile questa ipotesi di accordo. E’ una proposta che esplicita la linea della Campania sull’autonomia differenziata: rigore amministrativo; riforme concrete che semplificano e non complicano i processi di riforma; sburocratizzazione. Da oggi, alle tre regioni del Nord (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, ndr), si aggiunge la Campania come Regione che ha formalizzato la proposta d’intesa. Di particolare rilievo la posizione della Campania relativa a spesa storica, scuola, sanità, livelli essenziali di prestazione, fondo perequativo. Totale accettazione della sfida dell’efficienza. Difesa rigorosa dell’Unità nazionale”

E ancora il Governatore Giani della Toscana spiegava ai cronisti nel corso di una conferenza stampa, come l’autonomia fosse un valore per la sinistra, a queste dichiarazioni faceva eco un più aulico Francesco Boccia oggi Capogruppo del PD al Senato, ma al tempo Ministro per gli affari regionali e le autonomie del governo giallo-rosso guidato da Giuseppe Conte che davanti alla platea della trentaseiesima assemblea dell’Anci, dichiarava: “nella legge quadro sull’autonomia differenziata non intendo arretrare di un centimetro rispetto alle funzioni che la Costituzione assegna agli enti locali (…) L’autonomia non è né di destra né di sinistra ma è scritta nella Costituzione e per questo va attuata”

Il Governatore della Puglia, anche lui in prima linea per chiedere il referendum abrogativo, nel 2017 nel salotto di Bruno Vespa a Porta a Porta annunciava: Chiederemo anche noi l’autonomia per la Puglia (…) La questione meridionale – aggiunge Emiliano – non si risolve con il pietismo, ma dando al Sud il tempo per raggiungere gli obiettivi come Nord con il sostegno delle altre regioni e poi o dentro o fuori».

Una battaglia contro il Governo, non contro una “cattiva” riforma

Resta ben inteso che è una prerogativa costituzionalmente garantita la richiesta di referendum da parte delle Regioni, oggi fa sicuramente riflettere che questi Governatori che in passato avevano anche siglato delle intese con il Governo oggi abbiano delle idee diametralmente opposte sul tema. Alla luce di quanto dichiaravano pochi anni fa, viene da pensare che sia in atto una crociata non contro una riforma che giudicano sbagliata, ma una mera presa di posizione nei confronti di una riforma che loro e i loro governi non sono stati in grado di portare a compimento.  

2 Commenti

  1. La questione dell’Autonomia a mio modo di vedere ha una portata che va ben al di là della riforma istituzionale prevista nella Costituzione.
    I sentimenti che tale riforma sollecita sono il tema centrale alla base della rinascita o dell’afossamento dell’Italia.
    Richiamo che negli ultimi cinquant’anni circa, dalla riforma fiscale con l’introduzione del sostituto di imposta, ma in seguito con il sempre maggiore peso dell’Amministrazione pubblica nella vita dei cittadini e sulle spalle delle aziende, il Italia si è creata una situazione per cui la maggioranza dei cittadini gode di servizi che non paga.
    Il fantasma che aleggia dietro il tema dell’autonomia è che forse chi gode dei servizi possa essere chiamato a pagarli.
    Beninteso, non si tratta delle fasce “deboli” della popolazione, anziani senza pensione, disabili, vittime di vicissitudini tragiche. Si tratta della maggioranza dei cittadini.
    Per essere chiari, oggi in Italia le tasse le pagano solo le aziende ed i lavoratori autonomi.
    Le tasse dei lavoratori dipendenti sono pagate dalle aziende, che ne rispondono in tutto e per tutto.
    Le tasse dei pensionati e dei dipendenti pubblici sono partite di giro: lo Stato dà e lo Stato prende.
    Quindi una minoranza – aziende e autonomi – paga per tutti, e per giunta è additata come “banda di evasori”!.
    E’ chiaro che un sistema così privo di qualunque responsabilità sulla spesa non può che favorire la richiesta di servizi, pagati da altri.
    La storia dell’autonomia si scontra con questa realtà..
    In Italia, ad esempio, solo tre Regioni pagano con le prorie entrate i propri servizi sanitari regionali.
    L’autonomia che volevano le sinistre non era autonomia, ma la solita truffa: io sono autonomo, con i soldi degli altri. Come ad esempio la Regione Sicilia, ma e solo la capofila di una lunga serie.
    Infatti, quando i soldi pubblici hanno cominciato ad avere qualche limite, di autonomia non ne hanno parlato più.
    Il problema è questo, non altro, e questa è la difficoltà maggiore del Governo e di chiunque voglia ricostruire l’Italia: come faccio a dire che la festa è finita, che chi ha vissuto alle spalle degli altri deve ora anche lui lavorare?
    In democrazia vale la maggioranza.
    Se la maggioranza gode di servizi pagati da altri, come faccio a spiegare che tutto questo non può durare?

    Con affetto

    Alessandro

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