Il 12 ottobre il Presidente del Consiglio ha ricevuto il Presidente del CNEL, Renato Brunetta, che ha consegnato il documento contenente gli esiti dell’istruttoria sul lavoro povero e il salario minimo, completato nel termine dei 60 giorni indicato dal Governo.
Il testo promuove la via tradizionale della contrattazione collettiva, bocciando di fatto la proposta di salario minimo legale.
Stando a quanto dichiarato da Brunetta, infatti: “Dire 9 euro l’ora non significa nulla se non c’è la sostenibilità economica. Perché o sparisce il lavoro, o sparisce l’impresa o aumentano i prezzi. Non fare i conti con il mercato e fare le anime belle e io non sopporto le anime belle”.
Il contenuto del documento e la votazione
Il documento è passato con 39 voti a favore e 15 contrari. Tra questi ultimi, ci sono Cgil, Uil e Usb.
Il parere elaborato dal Cnel si compone di una prima parte di inquadramento e analisi e una seconda parte contenente le proposte.
Nelle osservazioni portate avanti, si evidenzia che il tema del salario minimo va inquadrato dentro i vincoli e gli obiettivi della direttiva europea che non impone di introdurre un salario minimo legale, esprimendo una preferenza per la contrattazione collettiva, e quindi per i minimi salariali contrattuali, a condizione che via una estensione significativa in questo senso.
Nel caso italiano, la contrattazione collettiva copre quasi il 100% del mondo del lavoro. La maggioranza dei contratti collettivi è sottoscritta da Cigl, Cisl e Uil, ovvero le tre maggiori realtà sindacali del Paese. E, in aggiunta, le tariffe minime complessive di questi contratti superano i parametri della direttiva europea, che ad oggi è tra i 6.85 e i 7,10 euro).
Pertanto, il Cnel suggerisce l’adozione di un piano di azione nazionale a sostegno della contrattazione collettiva per superare aree e situazioni di criticità. E raccomanda “di garantire il regolare funzionamento della contrattazione collettiva non attraverso interventi legislativi, ma attraverso la valorizzazione di accordi interconfederali”.
In merito al tema del lavoro povero, viene sottolineato, questo riguarda in modo più accentuato lavoratori temporanei, parasubordinati, lavoratori fittiziamente autonomi, occasionali, stagisti, lavoratori con mansioni discontinue: è per questi che – si evince dal documento – si può immaginare di introdurre una tariffa tramite contrattazione, eventualmente sostenuta da una adeguata normativa di sostegno, parametrata sugli indicatori della direttiva europea o comunque interventi legislativi ad hoc per incrementare il numero di ore lavorate nell’arco dell’anno.
Meloni: “Un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni”
Il presidente Meloni ha espresso la propria soddisfazione per il documento ricevuto, che ricalca di fatto la proposta del Governo di implementare la contrattazione collettiva piuttosto che presentare il salario minimo legale come la panacea per tutti i mali.
In occasione dell’incontro con il Presidente Brunetta a Palazzo Chigi, Meloni ha dichiarato: “Ringrazio il Presidente Brunetta e tutti i consiglieri del CNEL per il puntuale e celere lavoro svolto. Dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni. Come sottolineato dal CNEL, occorre piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici. È la strada che il Governo intende intraprendere nel minor tempo possibile, tenendo in massimo conto le indicazioni e i suggerimenti formulati nel documento dalle rappresentanze delle forze sociali presenti nel CNEL e di quelli che arriveranno dall’opposizione. È intenzione del Governo proseguire nel contrasto al lavoro povero e ai salari bassi che affliggono l’Italia ormai da diversi decenni, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa, dove si è assistito a una crescita sostenuta e costante dei livelli salariali”.
Il parere del Cnel si è basato sui risultati relativi alla valutazione del contesto italiano vigente, tralasciando quelle battaglie ideologiche che da tempo invadono le prime pagine. Il documento presenta infatti una puntuale analisi della situazione odierna del mondo del lavoro, dalla quale emerge un quadro chiaro: la contrattazione collettiva in Italia è lo strumento ad oggi più efficace per tutelare i lavoratori e per proteggere i loro i diritti, investendo già ora la maggioranza dei settori e garantendo un salario ben al di sopra dei famosi 9 euro lordi all’ora.
Le proposte portate avanti dal Consiglio sono dunque quelle che meglio interpretano le esigenze del mondo del lavoro e dei lavoratori nel nostro contesto nazionale.
Secondo l’articolo 36 della nostra Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”
Oggi la via per mantenere fede a quanto disposto dal testo costituzionale non è di certo il salario minimo legale.