Le tensioni tra manifestanti americani e polizia sulle presunte proteste Pro-Palestina, continua ad infittirsi ogni giorno di più: alla Columbia University si è registrata una situazione decisamente delicata, visto e considerato che nonostante gli avvisi del rettorato, le rappresentanze studentesche hanno deciso tempestivamente di non lasciare il campo. L’occupazione com’è ben chiaro, continuerà fin quando le autorità americane non decideranno di prendere ulteriori provvedimenti per arginare il fenomeno.
A nulla sono servite le minacce di sospensione, anche considerando che per un organo collegiale sarebbe piuttosto difficile identificare tutti i partecipanti di una protesta così partecipata e largamente partecipata.
La polizia sta continuando ad arrestare i manifestanti anche nel resto delle università, ormai questo fenomeno è diffuso capillarmente in molti stati USA, di conseguenza serviranno ben altre prese di posizione per evitare nuovi tafferugli. L’impressione però, è quella che il governo americano non sia neanche lontanamente preoccupato di questi eventi: fattualmente sembra che all’amministrazione Biden non abbia la minima intenzione di rimediare o quantomeno di intervenire per evitare nuovi arresti o peggiori disordini di qualsiasi natura.
Sembra infatti che la gestione del problema sia rimasta nelle mani di coloro che gestiscono le università: nel caso del Brown University, i vertici hanno proposto di terminare la collaborazione con enti israeliani se gli studenti decideranno di sgomberare il campo, senza poi ripiegare nuovamente su altre manifestazioni non autorizzate.
Dare il classico contentino è un modo piuttosto bizzarro di risolvere il problema, specialmente perché, come nel caso del Brown University, in questo modo si compromette l’importanza dell’autorità didattica per evitare nuovi tafferugli che a priori rischieranno di verificarsi comunque.
Legittimare ancora di più una dilagante protesta come questa, vuol dire rafforzarne i principi ed indurre la collettività a pensare di aver avuto la meglio su un sistema statale.
C’è chi invece pensa che in questo modo, gli studenti cesseranno di lamentarsi delle politiche adottate dagli atenei, un metodo alternativo che però potrebbe non portare in alcun modo i risultati sperati, anzi potrebbe peggiorare il clima in vista di una nuova tematica sensibile, appesantendo sempre di più le responsabilità dei rettorati e delle forze dell’ordine.
Cercare una soluzione non è mai sbagliato, ma trascurare i fatti nella loro interezza, penalizzando di conseguenza l’istruzione e gli accordi con terze parti che con buone probabilità non hanno nulla a che vedere con le decisioni prese dal governo Netanyahu, sembra piuttosto ridicolo.
A tal proposito, le manifestazioni non sono diffuse esclusivamente negli States, ma anche in tutto il territorio occidentale, specialmente in Europa ed in particolar modo in Italia, le dimostrazioni sono oltremodo diffuse: anche sul nostro territorio nazionale spesso sfociano in violenze d’ogni genere, spesso sfruttando una controinformazione che avvelena soltanto la dialettica, e che di certo non aiuterà i civili di Gaza ad uscire dalla tragica situazione in cui ora si trova.
Disordini come quelli che abbiamo avuto modo di vedere in questi ultimi tempi, assumono man mano connotati di gran lunga grotteschi, la cui utilità sembra essere improntata soltanto verso il disordine di piazza per addormentare una frustrazione sociale radicata in molti individui.
La discussione, ormai pane quotidiano per notiziari e talk politici, risulta ormai stucchevole: soprattutto considerando che spesso il dibattito scende al di sotto dell’asticella e si comincia a parlare di massimi sistemi, senza conoscere i retroscena e le dinamiche diplomatiche – delicate ora come non mai – sulla questione mediorientale.