«Far rinascere lo spirito di unione dei popoli europei al quale noi, che proveniamo dalla destra, abbiamo sempre guardato come una grande aspirazione». È questa, per Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario per l’Attuazione del programma di governo, a colloquio con La Voce del Patriota, la sfida centrale del 2024, che andrà di pari passo con il consolidamento della crescita economica e lo sprint sulle riforme. La distanza tra conservatori e sinistre europee, spiega il sottosegretario, non è solo ideale e valoriale ma estremamente concreta: «Per noi l’Unione europea deve essere all’altezza delle grandi sfide del nostro tempo e di tutto ciò che i singoli Stati membri faticano a gestire singolarmente, senza interferire su questioni programmatiche rispetto a cui i governi nazionali rispondono ad un chiaro mandato popolare».
È il primo Atreju con Giorgia Meloni premier: una festa a lungo attesa, per citare Tolkien. Qual è lo stato d’animo?
«È il ritratto del percorso incredibile di un’intera comunità politica: quella che era una festa giovanile di ragazzi che sognavano di cambiare il mondo è diventata una grande kermesse politica nella quale quegli stessi ragazzi, oggi cresciuti, raccontano come stanno riuscendo a cambiare l’Italia e l’Europa.»
Guardando la compagine di governo è evidente come, da Giorgia Meloni in giù, in tanti vengono da questa kermesse. È l’ultimo grande laboratorio politico?
«C’è sempre la tendenza a parlare di una età dell’oro che non esiste più, però non è così. Penso alle tante iniziative e laboratori che vedono protagonisti i nostri giovani, a partire da Fenix e dalle numerose attività del nostro movimento studentesco e universitario. Tra i ragazzi che si avvicinano alla politica, anche al giorno d’oggi, c’è grande qualità e voglia di fare cose importanti per l’Italia. Occhio quindi alla prossima generazione…»
Una volta i leader della sinistra venivano ad Atreju a dialogare senza problemi. Oggi Elly Schlein si sottrae al confronto, che segnale è?
«Ha tutta l’aria di essere un segnale di grande debolezza. È l’immagine più nitida di ciò che è diventata la sinistra che da tempo non si confronta più sul terreno delle idee ma trae la sua legittimazione solo nel demonizzare la destra. Il messaggio che la segretaria del Pd ha dato rifiutando il confronto va esattamente in questa direzione: non ho argomenti da contrapporre a quelli di Giorgia Meloni ma faccio felici i miei dicendo che con gli avversari non parlo. Noi invece abbiamo sempre fatto l’opposto, cercando ogni possibile occasione di confronto con tutti. Atreju lo dimostra dal 1998.»
Che Italia ci consegna questo primo anno di Governo Meloni?
«Un’Italia più forte sotto molti punti di vista. Lo è nel contesto internazionale dove ora è considerata un interlocutore affidabile e credibile che difende con determinazione i propri interessi nazionali nel rispetto di quelli altrui. Una Nazione rafforzata agli occhi dei cittadini e delle imprese, dei mercati internazionali, degli investitori e anche delle agenzie di rating, come confermato dai temuti giudizi delle ultime settimane che hanno dato una sonora batosta a quanti tifano contro l’Italia. Questo primo anno ci consegna un’Italia con ottimi fondamentali macroeconomici, con i conti in ordine nonostante il periodo complicato, e comunque capace di dimostrare grande coraggio ricorrendo a deficit aggiuntivo per una manovra di bilancio espansiva a beneficio di cittadini e imprese. Un’Italia che sta ricreando un giusto rapporto tra fisco e contribuenti, un’Italia con un mercato del lavoro da record, con una borsa da record, con lo spread sotto controllo, con la fiducia dei cittadini e con l’orgoglio di essere italiani.»
Dopo aver messo in sicurezza l’Italia, cosa ci dobbiamo aspettare dall’anno che verrà?
«Le priorità per il prossimo anno sono quelle su cui abbiamo chiesto la fiducia agli italiani e rappresentano il fulcro della manovra. Proseguiremo quindi nel sostegno ai redditi medio-bassi, alle imprese e al lavoro, favorendo le migliori condizioni per una crescita economica sostenuta e duratura. E ancora sostegno a famiglie, natalità e lavoro femminile, attraverso interventi interdipendenti e complementari dal forte impatto sociale oltre che economico. Continueremo a lavorare per un’efficace e tempestiva attuazione del Pnrr, anche alla luce del via libera arrivato da Bruxelles alla proposta di revisione presentata dal Governo. Un successo importantissimo per l’Italia, che ha smentito quanti sostenevano fosse “impossibile” e addirittura “folle” modificarlo. Andremo avanti con l’attuazione della delega fiscale, già avviata con alcuni decreti nelle ultime settimane. Vogliamo donare all’Italia una rivoluzione fiscale attesa da decenni, incentrata sulla semplificazione, su un rapporto più equo e collaborativo con cittadini e imprese, sulla riduzione progressiva della pressione fiscale, senza ovviamente abbassare mai la guardia sul fronte evasione. Ci sono poi i temi della sicurezza, dell’immigrazione, i diversi dossier internazionali: rispondendo mi accorgo che la domanda è davvero complicata perché stiamo lavorando alacremente su molti fronti.»
Lei è da sempre il braccio destro di Giorgia Meloni. Dopo l’arrivo a Palazzo Chigi, come è cambiata la vostra quotidianità? Riuscite ogni tanto a spezzare la frenesia?
«Sono stati attribuiti alla Meloni così tanti bracci destri che ormai è una specie di dea Kali. Io e Giorgia abbiamo condiviso un lungo percorso politico che è anche un percorso di grande amicizia e questo ci aiuta a ritagliarci, tra un dossier e l’altro, qualche momento di leggerezza. Può sembrare incredibile ma l’intensità del nostro lavoro quotidiano non è particolarmente cambiata. Certo, le responsabilità oggi sono infinitamente più grandi ma già prima di questa esperienza la qualità del nostro impegno per la Nazione era ai massimi livelli.»
Ennesimo tornante della storia saranno le Europee di giugno. Giorgia Meloni – lo dice anche l’autorevole portale Politico.eu – non è più la “underdog” degli esordi ma uno dei personaggi politici più influenti dello scenario globale.
«A livello internazionale sono sempre di più gli osservatori e gli attori che riconoscono la centralità di Giorgia Meloni. È di fatto il leader più forte sulla scena europea. È riuscita a riportare l’Italia al centro delle dinamiche di politica estera dialogando con i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente così come con i partner comunitari e con gli storici alleati del blocco atlantico. Ciò è dovuto principalmente al riconoscimento da parte degli attori internazionali della sua alta visione politica, anteposta a qualunque tipo di calcolo opportunistico o di convenienza elettorale. È proprio questa la caratteristica che distingue uno statista da un normale politico.»
La domanda è centrale nel dibattito pubblico: con l’affermazione dei conservatori guidati da Giorgia Meloni come cambierà l’Europa?
«L’Ue è diventata un’entità molto distante da come era stata immaginata al momento della creazione delle comunità europee. L’enorme distanza tra il progetto di integrazione dei nostri popoli e il gigante burocratico e regolatorio che vediamo oggi è ben rappresentata dai concetti classisti richiamati dalla sinistra quando parla di un’Europa di serie A e una di serie B, evocando l’idea di club esclusivo di cui si può far parte o no a seconda di quanto si è graditi e presentabili agli occhi di un certo establishment. L’Europa è una realtà che esiste a prescindere da ogni tipo di organizzazione politica e l’aspirazione di ogni vero europeista è riuscire a riunire tutti i suoi popoli nel nome di un comune destino. Questa è l’enorme sfida dei conservatori europei.»
Il 2024 sarà l’anno del premierato: la madre di tutte le riforme. La sinistra ha risposto cestinando la sua anima riformista. Quale punto di caduta immaginate in Parlamento per scongiurare il referendum?
«Abbiamo preso un impegno con milioni di italiani: realizzare una riforma che consenta agli elettori di scegliere direttamente da chi farsi governare, che dia stabilità ai governi legittimati dal voto e stronchi la pessima prassi degli esecutivi frutto delle trame di palazzo. È quello che abbiamo fatto con questa proposta di riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio e una norma anti-ribaltone che impedisce anche l’arrivo di nuovi governi tecnici. Non mi sorprende che ciò non piaccia per nulla al Pd e a tutti coloro che in questi anni hanno governato a discapito della volontà popolare. Saremmo ben felici se si raggiungessero i 2/3 dei voti parlamentari per approvare la riforma, ma non ci spaventa né sinceramente ci dispiacerebbe l’idea di chiedere agli italiani che cosa ne pensano. E non invidio affatto chi, durante una eventuale campagna referendaria, si troverà a dover difendere la possibilità di continuare a fare accordi in spregio alla sovranità popolare.»
Quello di quest’anno è orgoglio italiano. Quale titolo le piacerebbe per la kermesse del prossimo anno?
«Il titolo dell’Atreju dei prossimi anni mi piacerebbe fosse: noi, l’Italia. La celebrazione di un ritrovato sentimento di collaborazione tra i cittadini italiani, le forze produttive, i corpi sociali, il governo e le istituzioni. Tutti uniti nel nome dell’interesse nazionale.»