Consiglio Ue 26-27 ottobre, Meloni: “L’Italia andrà in Europa con le idee chiare, la schiena dritta e la credibilità internazionale che si è conquistata”

In vista del Consiglio Europeo che si terrà il 26 e il 27 ottobre, il Presidente Meloni ha presentato le sue comunicazioni al Senato nella mattina di oggi- 25 ottobre.

La questione in Medio Oriente

Inevitabile parlare in prima battuta del conflitto in Medio Oriente. Su questo, ha sottolineato il premier, “l’Unione Europea è chiamata a dare risposte forti e urgenti alle difficoltà che la sfidano, dall’interno e dall’esterno.”

L’attacco di Hamas non può che ricevere la ferma condanna da parte della comunità europea ed internazionale, ed è per questo che “non può esserci nessuna ambiguità”, anche perché le azioni terroristiche celano nella realtà una terribile forma di antisemitismo, “che viene camuffata da avversione allo Stato di Israele.”

“Non devono esserci dubbi nel sostenere il diritto di Israele ad esistere, a difendere i propri cittadini e i propri confini in linea col diritto internazionale”, ha spiegato Meloni. È questa l’impostazione italiana, e che continuerà a guidare l’azione già intrapresa finora.

La paura dell’escalation della guerra e il ruolo di mediazione dell’Italia

Il conflitto tra Israele e le organizzazioni terroristiche che strumentalizzano la causa palestinese è un conflitto che genera molte paure anche per l’Italia, per l’Europa e per l’Occidente in generale, per le conseguenze che sta avendo in particolare sulla popolazione civile palestinese, ma anche per il potenziale conflitto su larga scala che ne può derivare. “È esattamente questa la ragione per la quale ho deciso di prendere parte personalmente alla conferenza del Cairo, scegliendo di essere l’unica nazione membro del G7 a partecipare a livello di leader, perché considero vitale in questa fase il dialogo con i Paesi arabi e musulmani”, ha spiegato il premier, ricordando che è proprio la nostra Nazione a svolgere, storicamente, il ruolo “di ponte tra Europa, Medio Oriente e Mediterraneo”.

È anche per questo che il Presidente del Consiglio si è impegnata personalmente in una fitta rete di contatti e incontri, così come il Ministro degli Esteri, al fine di “continuare a incoraggiare i partner arabi, e le altre parti interessate, a svolgere un ruolo costruttivo per evitare un ulteriore allargamento del conflitto.”  
L’Italia si è confrontata, ad esempio, con il Primo Ministro israeliano Netanyahu, con il Presidente israeliano Herzog, con il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, con il Primo Ministro libanese Mikati, il Presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zaied, l’Emiro del Qatar Al Thani, il Re Abd Allah II di Giordania, il Presidente egiziano Sisi, il Presidente algerino Tebboune e il Re del Bahrein Hamad, partecipando anche alle riunioni del Quint con i leader di Usa, Regno Unito, Francia, Germania. 
In tutte queste occasioni, il Capo dell’esecutivo ha sottolineato l’importanza di contribuire “alla de-escalation del conflitto e riprendere quanto prima un’iniziativa politica per la regione, non solo per risolvere l’attuale crisi ma per arrivare ad una soluzione strutturale sulla base della prospettiva ‘due popoli, due Stati’. Prospettiva che deve avere come presupposto, da parte di tutti gli attori presenti nella regione, il riconoscimento all’esistenza e alla sicurezza dello Stato d’Israele.”

“Su questo- ha aggiunto- c’è totale convergenza di vedute e di intenti tra gli Stati Membri della UE. Personalmente sono convinta che lavorare concretamente, e con una tempistica definita, a una soluzione strutturale per la crisi Israelo-palestinese sarebbe anche il modo più efficace possibile per svelare il bluff di Hamas agli occhi dei palestinesi e contribuire a sconfiggerlo.”

La trappola dello scontro tra civiltà

La posizione assunta da Hamas è stata definita dal nostro Presidente del Consiglio come una vera e propria ‘trappola’.

“E uso volutamente la parola trappola, perché sono persuasa che la barbarie degli attacchi di Hamas – con miliziani che si mettono una telecamera sulla fronte per riprendere scene impensabili, come la decapitazione di neonati – avesse un obiettivo preciso. E chiaramente quell’obiettivo non era e non poteva essere difendere il diritto del popolo palestinese, che invece viene usato e calpestato dai gruppi fondamentalisti come Hamas e dai loro atti terroristici, ma procurare piuttosto un conflitto molto più esteso, costringendo Israele a una reazione contro Gaza che minasse alla base ogni tentativo di dialogo, che creasse un solco incolmabile tra Israele, Occidente e paesi arabi, alcuni dei quali coraggiosamente avevano tentato invece di normalizzare i rapporti con lo stato ebraico attraverso gli accordi di Abramo”, ha proseguito Meloni, indicando come “la strategia dei fondamentalisti per cancellare lo stato di Israele dalla faccia della terra è una strategia di lungo periodo”, che consiste nel rendere Israele una terra inospitale, dalla quale scappare se si vuole vivere in pace.

Occorre perciò essere pienamente consapevoli degli schieramenti in campo.       
“Da una parte c’è di chi lavora ad un processo di normalizzazione dei rapporti nel Medio Oriente e per una prospettiva di collaborazione sempre più stretta tra tutti i soggetti in campo; dall’altra c’è chi ha interesse ad alimentare lo scontro e a sottolineare i punti di divisione”, ha evidenziato.
“Tutti coloro che sono dalla parte giusta di questo scontro devono lavorare insieme per impedire una escalation del conflitto”, ha detto indicando dunque la direzione da seguire in questo senso.

In questo contesto di disordine e instabilità mondiale, tuttavia, non si può scivolare in facili errori, ed è pertanto necessario, ora più che mai, non giustificare alcun tipo di terrorismo.
“Nessuna causa potrà mai giustificare il terrorismo. Nessuna causa potrà mai giustificare un’aggressione terroristica scientemente preordinata e organizzata per colpire civili innocenti del tutto estranei alle dinamiche militari. Nessuna causa potrà mai giustificare il rapimento o l’uccisione, casa per casa, di donne e bambini”, ha ribadito.

L’accesso umanitario

Oggi, più di tutto, la priorità è quella di garantire l’accesso umanitario, indispensabile per evitare” ulteriori sofferenze della popolazione civile ma anche esodi di massa che contribuirebbero a destabilizzare il Medio Oriente e in ultima istanza anche l’Europa.”

Esattamente per questo motivo, il Governo ha accolto con favore l’istituzione, da parte israeliana, di una zona umanitaria nella Striscia di Gaza, così come la decisione della Commissione Europa di triplicare gli aiuti umanitari europei a Gaza, portandoli ad oltre 75 milioni di euro.
Inoltre, da parte italiana sono stati destinati aiuti per oltre 45 milioni di euro tra il 2022 e il 2023 e ulteriori 58 milioni di crediti in aiuto. “Ci impegniamo a verificare sistematicamente che, in nessun modo, organizzazioni terroristiche ne possano beneficiare”, ha ribadito il premier.

Il legame con l’Ucraina

Non bisogna però mai dimenticarsi dell’altro grande conflitto che si sta tragicamente svolgendo da oltre 600 giorni nel blocco russo-ucraino.       
“Il Consiglio europeo intende confermare il suo convinto sostegno al popolo ucraino che da 608 giorni combatte per la libertà e l’indipendenza della propria Nazione. Non dobbiamo commettere l’errore di affievolire il nostro comune sostegno alla causa ucraina. Su questo, la chiara posizione del governo italiano è riconosciuta e apprezzata dai nostri partner e rafforza il peso della nostra Nazione nei contesti europei e internazionali, dove è sempre più evidente il valore aggiunto che l’Italia può portare in termini di concretezza e diplomazia. E di questo, come ho già ripetuto in passato, dovremmo andare tutti fieri, perché rientra nel nostro interesse nazionale sostenere l’Ucraina e giungere a una pace giusta, nel pieno rispetto del diritto internazionale. Questo è il nostro obiettivo, e il nostro impegno si estende anche alla definizione delle future garanzie di sicurezza delle quali dovremmo discutere in vista dei negoziati di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, e alla sfida della ricostruzione. Guardiamo cioè non solo al presente, ma a un futuro di pace e benessere, a un futuro europeo, per l’Ucraina”, ha dichiarato Meloni.          

Ricordando l’Ucraina, quindi, ha parlato anche del tema della sicurezza alimentare. Su questo, si continua a condannare la decisione di Mosca di non rinnovare l’Iniziativa sui cereali del Mar Nero e i sostengono tutti gli sforzi per assicurare che i prodotti agricoli possano raggiungere i mercati internazionali.

Infiltrazione jihadista, terrorismo e flussi irregolari

In tutto questo, altro tema in cima all’agenda politica europea è quello legato alla crisi migratoria, che in maniera diretta è connesso proprio con la crisi in Medio Oriente.
Ci sono “rischi per la nostra sicurezza che questo fenomeno può portare con sé, ancora di più nell’attuale scenario”.

Infatti, tutti i confini europei sono sottoposti ad una pressione migratoria senza precedenti. “Un fenomeno di questa portata ci impone di contrapporre all’irragionevolezza ideologica la concretezza del buon senso”, ha chiarito il premier, perché “inquieta vedere ricomparire nelle nostre strade il fenomeno dei lupi solitari, che uccidono innocenti pretendendo di farlo in nome di Dio, con tanto di successive rivendicazioni a nome dello Stato Islamico.”

“Vogliono tornare a colpire la nostra libertà, il nostro stile di vita. Vogliono vederci impauriti e pronti a rinunciare alla nostra quotidianità, e la nostra risposta, in Europa, deve essere forte e inequivocabile. Non ci riusciranno”, ha chiarito con fermezza, spiegando che ci sono rischi concreti connessi all’infiltrazione diretta di jihadisti dal Medio Oriente, oltre che alla radicalizzazione durante la loro permanenza sui territori di immigrati, spesso irregolari e ingannati dai trafficanti di esseri umani.

“Dobbiamo avere il coraggio di dire che può esistere, purtroppo, un legame tra terrorismo e immigrazione irregolare – ha detto- e che ha sbagliato chi finora, per riflesso ideologico, ha liquidato con sufficienza questo possibile nesso, temendo una stretta rispetto a politiche delle porte aperte che abbiamo conosciuto in passato.”

Occorre poi distinguere due tipologie di immigrazione irregolare che colpiscono l’Italia. Quella via mare, e quella via terra, che segue la rotta balcanica e che spesso si alimenta di un traffico più sofisticato attraverso passaporti falsi forniti ai migranti, che rende molto più difficile il filtraggio e l’individuazione degli irregolari.

Dunque, l’unico modo per impedire anche questa deriva è lavorare per difendere i confini esterni dell’Unione e lavorare sui movimenti primari. È un qualcosa che ad oggi è oramai ampiamente condiviso, e questa nuova sensibilità sul tema non è soltanto il frutto di numeri insostenibili in termini di arrivi di migranti irregolari o delle drammatiche circostanze che stiamo vivendo in questi giorni a seguito degli attentati jihadisti in Europa, ma è anche il frutto del lavoro incessante che “questo governo ha svolto, fin dal giorno del suo insediamento, in sede europea e internazionale per arrivare ad un cambio di approccio serio e definitivo nella gestione della migrazione.”

In sintesi: non più porte aperte e redistribuzione, ma protezione dei confini esterni, lotta senza quartiere al traffico di esseri umani, accordi con i Paesi terzi, canali legali per rifugiati e quote di immigrati regolari compatibili con i bisogni del nostro sistema economico.

Giorgia Meloni ha poi esposto alcuni dei punti salienti che verranno importanti avanti dall’Italia nel prossimo Consiglio europeo: l’immediata implementazione dell’accordo con la Tunisia; la piena attuazione del Piano di azione in dieci punti presentato dalla Commissione europea; il varo di una missione navale europea, in accordo e in collaborazione con le autorità del Nord Africa, ma sia chiaro che per ottenere questa non difficile disponibilità da parte delle autorità del Nord Africa è anche necessario un radicale cambio di rapporto con queste autorità, basato sul rispetto e non su un atteggiamento  paternalistico e predatorio, come purtroppo spesso è accaduto in passato. E poi ancora la necessità di rafforzare i meccanismi di cooperazione di intelligence e di polizia al fine di contrastare più efficacemente le infiltrazioni jihadiste, e una più efficace politica di espulsione immediata dei soggetti segnalati come radicalizzati e di rimpatrio, che deve essere messa in campo dall’Unione europea nel suo complesso e non semplicemente dai singoli stati.

La posizione italiana su Green Deal e riforma fiscale

Sul tema della transizione energetica e della riforma fiscale, come preannunciato oggi in Senato, l’Italia continuerà a sostenere la necessità di un approccio pragmatico e non ideologico alla transizione, basato su criteri di gradualità e di sostenibilità economica e sociale, sul principio di neutralità tecnologica e su strumenti finanziari di incentivazione e di accompagnamento per le imprese e per i cittadini.

A ciò si aggiunge anche il dibattito sulla revisione delle regole fiscali europee, sul quale il Governo italiano ha un’impostazione chiara, e cioè che si deve trattare di “un patto di crescita e stabilità e non di un patto di stabilità e crescita.” Le nuove regole devono mirare ad una riduzione del debito pubblico ma in modo graduale e sostenibile, perché solo così potranno essere credibili e applicabili, superando gli errori del passato, insomma.
 

Il presidente Meloni ha infine concluso ricordando come il prossimo Consiglio europeo non sarà di certo un Consiglio semplice e privo di criticità. Sarà una occasione per discutere sulla visione e sulla missione che si vuole svolgere come europei in un mondo che “ci sollecita a sfide sempre più stringenti e sempre più drammatiche.”

L’Italia intende affrontare questa discussione con “le idee chiare, la schiena dritta, la credibilità che ha saputo conquistarsi in questo anno, smentendo in poco tempo anche i più scettici”, ha garantito. “Perché siamo l’Italia e finalmente ne siamo consapevoli.

Intervento del Presidente Meloni al Senato della Repubblica

L’intervento di replica al Senato della Repubblica

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