Atreju ci ha fatto subito dell’ironia, come sempre, mai banale. Una nuova offerta di lavoro: “Ex comico senza aspirazioni politiche”. Per chi è fuori, la situazione appare in effetti abbastanza paradossale: Giuseppe Grillo, l’inventore dei Vaffa-day, sta per essere silurato dal partito da lui creato e dalla tanto osannata democrazia diretta che è la base, almeno così si dice, del Movimento Cinque Stelle.
Il congresso di fine novembre si avvicina e il genovese è sempre più isolato, rintanato tra le mura di casa a scrivere sul suo blog personale, l’ultimo spazio in cui può ancora dire liberamente la sua. Da mesi, tramite il sito, continua a inviare frecciatine. Ma in realtà da molto prima il comico è relegato ai margini del suo partito: interviene poco e per brevi saluti, non è incisivo, non è ascoltato. Qualcuno ancora lo difende: da parte sua c’è Danilo Toninelli, l’ex ministro dei Governi Conte anche lui silurato, però, dalla regola dei due mandati. Ci sarebbe anche Virginia Raggi, l’ex sindaca di Roma: a quanto pare avrebbe tentato, lei, di ricostruire un fronte a favore dell’ex comico, chiamando anche Alessandro Di Battista, che però non ne ha voluto sapere niente.
Ne resterà solo uno
Grillo è dunque isolato e, come se non bastasse, arriva la mannaia di Giuseppe Conte: la mega consulenza da 300mila euro che il partito paga annualmente al comico sarà tagliata. Basta con questo spreco di risorse. L’ex premier l’ha detto a Bruno Vespa confezionando il suo ultimo libro: “Grillo – ha spiegato il pugliese – sta portando avanti atti di sabotaggio compromettendo l’obiettivo di liberare energie nuove”. Secondo Conte, Grillo è “responsabile di una contro-comunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione”. Insomma, acquisita una posizione di predominanza, Conte fa il bulletto e vuole cacciare via qualsiasi possibile ostacolo. E menomale che, quando a giugno il Movimento si confermò in netta discesa in fatto di preferenze, non riuscendo neppure a superare la soglia del 10% per le europee, l’avvocato del popolo fece mea culpa e promosse anche l’idea di una possibile dimissione, se ce ne fosse stato bisogno. Sembra passata un’eternità: in quei mesi, era Grillo a sfottere Conte per il pessimo risultato. Ora è l’inverso, con l’ex premier che può contare sula nuova generazione di pentastellati che in Parlamento, ormai, risponde soltanto a lui. Dallo staff di Grillo, tuttavia, cercano di calmare le acque: “A noi non risulta, il contratto è in essere. Ad oggi non c’è nessuna comunicazione a riguardo”. Ma è normale, d’altra parte, che sia così: il rinnovo del contratto infatti non è automatico, dunque secondo quanto annunciato da Conte basterà aspettare la prossima scadenza, dunque fine anno, per porre fine agli effetti contrattuali. Uno sgambetto non da poco al fondatore, che soccombe d’altronde sotto le stesse regole da lui imposte: il partito deve rigenerarsi e lui, insieme al già andato Di Maio, era diventato un po’ la casta che hanno sempre dichiarato di voler combattere. Vale la pena, allora, riportare il commento ironico di un big come Davide Casaleggio: “Ne resterà solo uno. Ma di elettore”.