Il premier Giuseppe Conte, tornando a Palazzo Chigi si ferma a parlare con diversi passanti tra selfie e domande. Lo fermano diversi commercianti, ristoratori, artigiani di via della Croce per lamentare i ritardi nei pagamenti della cassa integrazione da parte dell’Inps, con il premier che prende nota di contatti, problemi riscontrati. A chi gli fa presente gli ostacoli nell’ottenere credito dalle banche, Conte risponde, rivolgendosi alle telecamere: “Faccio un appello ai Direttori delle agenzie: non e’ possibile che con una garanzia dello Stato messa a disposizione quasi al 100% non si riesca a erogare un finanziamento a gente che ha famiglie da mantenere. Questi signori torneranno nelle vostre agenzie, esaminate le loro pratiche. Io tornerò per capire che succede”.
Ma in realtà il Premier tenta di scaricare su altri le responsabilità di un provvedimento governativo inefficiente; il DL Liquidità, con cui l’esecutivo ha cercato in fretta di garantire coperture finanziarie alle imprese per fronteggiare l’emergenza Covid, ha mostrato fin da subito una serie di problematiche che si continua a voler ignorare e che nessun appello accorato del Premier potrà sanare.
Tra le altre cose non sono i direttori delle agenzie bancarie Italiane ad avere l’autonomia per deliberare questi prestiti, ma solo i dirigenti hanno facoltà di decisone, e quest’ultimi si trincerano dietro la normativa poco chiara del decreto che li potrebbe esporre a rischi in sede di procedura fallimentare. Il paradosso sta tutto nel chiedere ad un’azienda privata di farsi carico di un interesse pubblico, e così tra bilanci, Durf, Durc, situazione aggiornata degli affidamenti in essere con altri istituti, verifica alla Centrale dei rischi etc, le imprese, per avere accesso ai prestiti anti-Covid, devono fare un vero e proprio percorso “a ostacoli” alla faccia dei tempi rapidi tanto sbandierati da Conte, che adesso invece si trincera dietro alla scarsa collaborazione dei direttori di filiale.
Come sappiamo, infatti, i “decreti anti-Covid”non prevedono sovvenzioni a fondo perduto, ma una garanzia pubblica a fronte di indebitamento. Operazioni quindi che, al di là degli appelli di Conte, richiedono un iter di istruttoria di fido che caratterizza tutti i finanziamenti. Quindi, non si tratta di burocrazia, è un percorso necessario di raccolta e di valutazione delle informazioni da parte della banca, che comunque è bene ricordare, è il soggetto che mantiene la responsabilità dell’operazione.
E così, quelli erogati finora dalle banche, sono circa un quarto rispetto alle domande presentate. Il dato emerge da un rapporto della Commissione di inchiesta sul sistema bancario elaborato sulla base di alcuni questionari inviati agli istituti di credito. Un pò meglio per i prestiti sotto ai 30mila euro, ma anche qui rimane il “nodo” dei tempi di erogazione della liquidità.
Se ancora ci fosse stata qualche perplessità in merito, nei giorni scorsi Start magazine ha riportato i dati che la Bce ha annunciato, nel proprio bollettino di fine mese; dati che sbugiardano inequivocabilmente la “potenza di fuoco” del decreto Liquidità.
Andando a scrutare il dettaglio Paese per Paese, con la sicurezza di trovare l’Italia nel gruppo in testa tra i Paesi con il più alto tasso di crescita dei prestiti, memori della “potenza di fuoco ” dei 400 miliardi tanto sbandierata a reti unificate la sera del 6 aprile dal Presidente Giuseppe Conte, rimarremo amaramente delusi.
Tra i 19 Paesi aderenti, siamo regolarmente quelli sotto la media e, soprattutto se confrontiamo i dati a livello internazionale, in particolare con Francia, Germania e Spagna, le altre tre maggiori economie dell’eurozona, il raffronto è impietoso. E allora è per questo forse che giovedì scorso in via della Croce, il Premier, stizzito, ha dovuto cercare un capro espiatorio..
La crescita dei prestiti in Italia si attesta al 2,2% di maggio contro il 2,1% di aprile. In Germania la crescita è pari al 6,9%, quasi stazionaria rispetto al 7% di aprile. In Francia, a maggio registrano un +11,4%, contro un +9,2% di aprile. Perfino la Spagna, tuttora sotto programma di aggiustamento del sistema bancario per via del prestito ottenuto dal Mes qualche anno fa, sfoggia un sontuoso +9,5%, contro un già robusto +6,6% di aprile. Un divario enorme.
Tradotto in cifre assolute, significa decine di miliardi in meno di prestiti. Infatti, Germania, Spagna, Francia aumentano lo stock dei prestiti rispetto a fine febbraio, rispettivamente di 45 (+4%), 48 (+9,8%) e 91 (+8%) miliardi. L’Italia è fanalino di coda con soli 23 miliardi (+3%). Un numero che si commenta da solo.
La posta in gioco è alta per un’economia già debole prima dell’epidemia. Se non verranno presi urgenti provvedimenti per correggere il tiro, i prossimi mesi saranno un’ecatombe per tante piccole e medie attività. Confcommercio, stima che con i dati attuali un’impresa su quattro è a rischio chiusura, registrando così il peggior dato europeo.