L’accordo per il Recovery fund sembra destinato ad essere l’ultimo exploit mediatico del presidente del Consiglio. Dopo una manciata di giorni di calma apparente, infatti, le tensioni riaffiorano e la maggioranza nuovamente scricchiola sui temi caldi, non ultime proprio le modalità per la gestione e la distribuzione del famoso super prestito dall’Europa.
La volontà espressa da Conte di nominare l’ennesima task force per lo studio e l’approntamento del piano nazionale di ripresa per il risanamento dei settori strategici, che stabilirà la gestione del recovery fund ha fatto venire il mal di pancia a molti. Gli stessi alleati del pd hanno masticato male la boutade del premier, auspicando un passaggio in Parlamento e ieri sono arrivate, ad orologeria, le critiche di forza Italia, espresse da una tutt’altro che ininfluente figura, la presidente del Senato Casellati. Anche se le rimostranze avanzate dal pd e l’endorsement di Forza Italia fanno immaginare delle prove tecniche di ribaltone, peraltro alla vigilia di un ulteriore scostamento di bilancio che non vede l’attuale maggioranza di governo molto serena (soprattutto per i numeri strettissimi che si contano in Senato), nel merito bisogna ribadire che il premier ce la sta mettendo tutta per apparire un apprendista satrapo.
Da gennaio è sotto gli occhi di tutti, e Fratelli d’Italia lo ha segnalato da tempi non sospetti, che il governo giallorosso ha messo in atto un odioso, quanto evidentemente anticostituzionale, accentramento dei poteri. A colpi di dpcm giustificati dallo Stato di emergenza Conte ha fatto e disfatto, ordinato e scompaginato, consentito e vietato, dimenticando l’esistenza delle Camere e se non fosse stato per il costante presidio del partito della Meloni probabilmente Montecitorio e Palazzo Madama oggi funzionerebbero in “Smart working”. Poi i famigerati decreti su cui è stata posta costantemente la fiducia e per finire le innumerevoli task force, cui sono stati attribuiti i più disparati compiti, fino ad arrivare a 500 componenti totali e mentre si riducevano i parlamentari, superfetavano gli esperti, professori, consulenti e commissari del governo.
Oggi quest’ultimo colpo di mano, col quale si tenta di far scrivere a nuovi tecnici di fiducia del premier la storia futura della nostra nazione, affidando a soggetti che non posseggono alcuna legittimazione popolare la visione politica ed economica italiana dei prossimi 20/30 anni, perché è di questo che si tratta. Col piano di ricostruzione infatti si prenderanno impegni su temi come il regime pensionistico e previdenziale a lungo termine, la burocrazia, la giustizia, le infrastrutture ed è un’assurdità che su questi temi non ci sia la più ampia e trasversale delle interlocuzioni.
Ma se su questi aspetti il non propriamente spontaneo applauso tributato a Conte alla Camera al ritorno dal consiglio europeo, sembra in realtà scandire il de profundis di un governo che difficilmente scavallerà l’autunno, ci piace ricordare che Fratelli d’Italia denuncia da mesi e con coerenza la deriva assolutista “dell’avvocato del popolo”. Ebbene oggi, sulla scia dell’ennesima task force si sta consumando l’ultimo atto del dramma giallorosso, con un premier tragicamente adagiato sui banchi del governo, di fronte ad una schiera di cesaricidi pronti a voltare le spalle ad un uomo ormai troppo autoreferenziale… Et de hoc satis.