La politica economica italiana riceve un segnale importante dall’Europa. Dopo mesi di incertezza, tra osservazioni e vincoli, da Bruxelles arrivano parole che fanno la differenza: Christine Lagarde, presidente della BCE, ha dichiarato che l’Italia è “vicina a uscire” dalla procedura per disavanzo eccessivo. Una notizia che segna non solo un passaggio tecnico, ma un vero riconoscimento politico al lavoro di questi anni.
Il segnale della BCE
Il 1° settembre, le dichiarazioni di Lagarde hanno riportato al centro dell’attenzione i conti pubblici italiani. Per un Paese che nel 2023 aveva registrato un deficit al 7,4% del PIL, sentir parlare oggi di prospettiva di uscita dalla procedura è un ribaltamento di prospettiva. Significa che l’Italia ha riconquistato credibilità internazionale e che la traiettoria dei conti è vista come solida, frutto di scelte autonome e responsabili.
Cosa significa la procedura per deficit eccessivo
La procedura di Bruxelles era stata aperta nel luglio 2024, dopo anni di squilibri nei conti pubblici. L’obiettivo imposto era scendere sotto il 3% entro il 2026. Oggi, grazie a una gestione attenta e prudente, il percorso appare realistico. Il deficit, stimato al 3,4% nel 2024, dovrebbe ridursi al 3,3% nel 2025 e arrivare sotto la soglia già nel 2026, anticipando la chiusura della procedura di un anno.
La linea del governo
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato che l’obiettivo è compatibile con la visione dell’esecutivo: non subire vincoli dall’alto, ma dimostrare responsabilità nazionale. Mantenere i conti in ordine non è una concessione, ma una scelta politica per rafforzare la sovranità del Paese e garantire più libertà nelle decisioni future.
La strategia si è basata su contenimento della spesa improduttiva, sostegno alla crescita e difesa della coesione sociale. Un approccio che evita i tagli lineari e nuove tasse, puntando invece sulla stabilità come valore da mettere al servizio dei cittadini.
Il riconoscimento di Lagarde
Le parole della presidente della BCE hanno un peso politico, non si tratta di un via libera definitivo, ma di un attestato di fiducia che colloca l’Italia in una posizione diversa rispetto al passato. Non più “sorvegliato speciale”, ma attore capace di presentarsi con serietà sui mercati e ai tavoli internazionali.
Questo clima positivo si riflette anche sull’economia reale: Piazza Affari continua a correre e i titoli di Stato godono di un interesse crescente. L’Italia dimostra che credibilità e disciplina rafforzano la libertà d’azione, non la limitano.
Un’Italia che non insegue, ma guida
Il governo Meloni può leggere in questa svolta la conferma della propria linea politica. Non più fanalino di coda, l’Italia dimostra di poter rispettare gli impegni senza piegarsi a ricette calate dall’alto. Questo rafforza la capacità negoziale del nostro Paese a Bruxelles e apre margini per chiedere politiche più favorevoli a crescita, investimenti e sicurezza.
Le sfide che restano
Il percorso non è concluso: il debito pubblico resta elevato e la crescita economica non è ancora robusta, anche se la vera sfida sarà consolidare i risultati, trasformando la fiducia internazionale in opportunità concrete per famiglie e imprese.
La prospettiva di uscita dalla procedura non è solo una questione contabile. È un messaggio politico chiaro: l’Italia è affidabile, ha scelto la responsabilità e può tornare protagonista in Europa senza rinunciare alla propria autonomia. In una fase di grande incertezza internazionale, questo è forse il segnale più importante di tutti: stabilità e sovranità.