Coronavirus, la battaglia di FDI per gli eroi nella trincea del lavoro.

Se esiste un “merito” da riconoscere in questa guerra contro il Covid-19, assieme a quello dei medici e di tutto il personale sanitario che stanno offrendo un saggio di eroismo destinato a far parte del grande romanzo nazionale, questo deve assegnato anche a chi sta permettendo quelle funzioni essenziali alla nazione, senza le quali all’emergenza sanità si aggiungerebbe il caos sociale. Parliamo degli italiani che continuano a lavorare in quei settori – produzione industriale, servizi tecnologici, commercio nella piccola e grande distribuzione – considerati vitali e strategici per garantire a tutto il resto il della popolazione cibo, assistenza, prodotti essenziali ma anche energia e telecomunicazioni (quanto mai fondamentali).

Si tratta di centinaia di migliaia di italiani in “trincea” che quotidianamente rischiano il contagio ma senza i quali il dispositivo per arginare il Coronavirus sarebbe impossibile da sostenere. A tutti costoro – come ormai è noto – nel decreto Cura Italia è stato assegnato un “premio” mensile di 100 euro.

Misura, e questo è il dato politicamente indicativo, appannaggio dell’opposizione: nello specifico di Fratelli d’Italia, che ha proposto diverse misure sociali al tavolo di crisi interpretando quello spirito di collaborazione richiamato da Sergio Mattarella. Fra cui questa (il cui importo ad personam era superiore) riguardante una forbice di italiani enorme eppure non tenuta nella dovuta considerazione dal governo Conte se è vero che lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha preso atto, durante i tavoli di lavoro con i partiti, della bontà della proposta portata per FdI dal senatore Giovanbattista Fazzolari.

«Giusto garantire la cassa integrazione per chi in questo frangente non può lavorare ma – spiega il senatore – a palazzo Chigi si erano dimenticati un qualunque riconoscimento a chi, dalla cassiera del supermercato all’operaio delle fabbriche, assicura oggi un servizio fondamentale a tutti gli italiani». A differenza degli 80 euro di Renzi, concessi a pioggia come vera e propria mancia elettorale, qui si tratta di una misura che riconosce un merito specifico in un momento cruciale per la sopravvivenza del sistema Paese.

Tutto bene, dunque? No. Per FdI – tra le tante incongruenze emerse nel decreto – il governo ha “dimenticato” a sua volta ancora gli imprenditori, quelli che appunto hanno scelto di non chiudere bottega addossando allo Stato le spese per la cassa integrazione. Per questo motivo e per la stessa ragione del “bonus” ai lavoratori, il primo emendamento di FdI al decreto – come spiega ancora Fazzolari – sarà quello che richiede «di concedere all’imprenditore che intende restare in trincea, che continua cioè a pagare gli stipendi, lo stesso importo che sarebbe stato a carico dello Stato per pagare la Cig».

Un appello che Giorgia Meloni ha già lanciato pubblicamente al premier: «Aiutiamo a resistere gli eroi delle imprese». Ciò che spaventa di più, infatti, accanto all’aggressività del Covid-19 è proprio il sistema produttivo italiano in frantumi. Il fatto, cioè, che senza una strategia chiara «tanti possano dire basta, non ce la faccio più, mi arrendo». Per questo motivo il messaggio che deve passare dal governo in questo frangente deve essere chiaro: «Aiutarli a resistere», e quindi «riconoscere che chi rischia, chi fa impresa, merita fiducia».
Secondo la leader di Fratelli d’Italia il decreto Cura Italia sta invece favorendo la scelta opposta: «Dice, in buona sostanza, metti tutti in cassa integrazione. Tanto c’è poco da fare. Questo atteggiamento e’ di fatto un invito ad arrendersi».

La destra politica, come abbiamo tracciato, sostiene un approccio sostanzialmente diverso: «Se un imprenditore sceglie di non ricorrere alla mobilità, lo Stato lo aiuta con l’equivalente di quanto sarebbe costata la cassa integrazione per ciascun dipendente. Questo è un modo per dire: ci rendiamo conto del sacrificio che stai facendo se tu oggi decidi di andare avanti». La risposta – non solo all’opposizione ma proprio a chi sta tenendo “la linea del Piave” dell’economia nazionale – spetta al governo.

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