Voglio raccogliere l’invito lanciato qualche giorno fa da Enzo Rivellini per sviluppare una riflessione su quello che potrebbe essere lo scenario che il paese si troverà davanti quando saremo pronti per partire con la cosiddetta fase 2 e dovremo affrontare le nuove sfide che ci troveremo davanti. Non vi è dubbio che a un dibattito del genere gli uomini di Destra, da sempre capaci di indicare prospettive concrete per lo sviluppo del paese, devono dare un contributo in termini di idee, e a maggior ragione lo devono fare gli uomini campani della nostra comunità che da troppo tempo è silente, quando non irrilevante, rispetto al dibattito politico. E tutto ciò non perché manchino uomini di spessore ma semplicemente perché in questi anni è mancata la condivisione di un comune progetto politico che tenesse tutti dentro.
Enzo indicava Viespoli e Mazzone, in primis, e poi Mario Landolfi, Bruno Esposito, Marcello Taglialatela, Luciano Schifone, Alessandro Sansoni, Sergio Rastrelli, ai quali io aggiungerei Edmondo Cirielli, Antonio Iannone, Salvatore Ronghi, Luciano Venia, Luigi Mercogliano, Marco Cerreto, Andrea Santoro, Ulderico de Laurentis e sicuramente tanti altri che in questo momento mi sfuggono. Io credo che dovremo ragionare, con chi accetterà la proposta di alimentare il dibattito, soprattutto del dopo, di quando, cioè, l’epidemia sarà finita, anche perché tutto quello che era possibile immaginare, in termini di tutele sociali e di contenimento del coronavirus, i vari livelli istituzionali stanno gradualmente mettendolo in campo ed anche se con risorse ancora insufficienti, hanno raccolto l’appello di chi, Giorgia Meloni tra tutti, si è battuto in questi giorni per evitare che qualcuno potesse uscire da questo periodo con un futuro del tutto compromesso.
Dobbiamo tenere conto che la ripresa, specie nell’ambito dell’UE, ci porterà a ragionare più dello scontro tra stati che non tra diversi gruppi sociali in un quadro geopolitico che anch’esso, probabilmente, risulterà mutato nei suoi equilibri e nelle sue alleanze. Questo mutamento, oggi, è più chiaro negli occhi degli italiani che non di chi oggi ci governa. La disponibilità e la solidarietà dimostrata in queste ore tragiche da paesi come la Russia, la Cina e Cuba, non hanno lasciato indifferenti così come non sono passati inosservati i tentativi della Germania, della Francia e di alcuni paesi del nord Europa, di approfittare della crisi per razziare tutto quanto era possibile non solo in Italia, ma anche in Spagna. Questo quadro internazionale, così incerto e così suscettibile di ulteriori mutamenti, ci deve vedere preparati soprattutto al nostro interno affinché l’Italia possa farsi trovare pronta e preparata per dare le giuste risposte per far crescere il nostro sistema economico e riportarlo almeno ai livelli pre-epidemia in tempi brevissimi.
Un paese che è prima di tutto un baluardo della civiltà occidentale e che deve contrapporre l’orgoglio del nostro popolo alla globalizzazione che è in evidente crisi e che mostra le prime crepe. Per farlo dobbiamo immaginare una società che rifiuti il diktat del profitto e del denaro fine a se stesso, che superi lo schema che vede da una parte una estrema povertà e dall’altra una ricchezza arrogante nelle mani di pochi, che demolisca la logica dei potentati e dei gruppi economici, lanciando la proposta di un Patto Sociale nell’interesse supremo della Patria e della Nazione. Il sistema Italia deve ripartire e per farlo deve puntare ad una intesa solidale tra i blocchi sociali la cui premessa deve essere la riduzione delle diseguaglianze sociali e l’abbattimento di quelle territoriali, in un rinnovato spirito di coesione nazionale e patriottismo, mettendo al centro dell’intesa il Lavoro, nella consapevolezza che siamo tutti nella stessa barca ed è interesse di tutti remare dalla stessa parte.
La crisi dovuta al coronavirus rimetterà tutto in gioco e solo chi saprà proporre un modello nuovo, superando la visione ormai superata dello statalismo parassitario e del liberismo più sfrenato, supererà agevolmente la fase della ripartenza garantendo al popolo un futuro migliore. Quando parlo di Patto Sociale immagino un accordo tra tutte le componenti del paese fondato sull’economia reale e sul primato del lavoro, sul riconoscimento del valore sociale dell’iniziativa privata quando essa concorre a garantire benessere per tutti coloro che vi partecipano, meccanismi di inclusione dei lavoratori nella gestione e nella divisione degli utili con la promozione di nuove forme cooperative e di cogestione sociale.
Un Patto Sociale che comprenda anche una Carta dei Valori, con una scelta netta e decisa dalla parte della vita, della famiglia, della dignità della persona, del diritto di cittadinanza, del bene comune e della difesa dell’ambiente. Solo attraverso una ripresa legata alla riscoperta dell’orgoglio nazionale possiamo recuperare l’autorevolezza necessaria nei rapporti internazionali, siano essi politici, economici o culturali, che possono consentire al popolo italiano di tutelare meglio i propri diritti, di tornare ad essere protagonista del proprio destino in una cornice di assoluta libertà secondo i principi di indipendenza ed autodeterminazione.