Cosa vuole la sinistra? Censura, paura, clandestini, distruzione delle nazioni.

Dopo il crollo del Muro di Berlino, negli ambienti di sinistra italiani,  si diffuse la leggenda che essa sarebbe diventata “matura” e “riformista” diventando “occidentale”, cioè europea e americana, per i liberal quasi la stessa cosa. Solo abbandonando la traduzione comunista, la sinistra Italiana avrebbe smesso di essere figlia di un dio minore

A tanti anni di distanza possiamo dire che mai previsione fu più fallace. Il Pd è diventato si occidentale e europeo ma ha conservato marcati tratti della tradizione comunista. Forse perché, contrariamente a quanto credevano i liberal di importazione da guerra fredda, il comunismo non era cosa orientale ma profondamente occidentale

E la minaccia alla libertà e alla democrazia, per decenni incarnata dalla sinistra comunista, viene infatti proprio oggi dalla sinistra di quei paesi che non hanno mai posseduto forti partiti comunisti, il Regno Unito e soprattutto gli Stati Uniti.

E’ infatti dalla sinistra americana, sia nelle sua veste istituzionale di Biden, a capo di una amministrazione molto spostata a sinistra, sia in quella radical, che nasce oggi il pericolo: altro che “democrazia illiberale”, la sinistra americana ci promette un mondo al tempo stesso illiberale e anti democratico.

Certo come scrive sulla rivista “Red State” (Rosso in US è però il colore dei repubblicani) del 9 aprile, Jeff Charles, Black Lives Matters e tutti i movimenti identitari e “razzialisti” della sinistra americana non sono nient’altro che la prosecuzione del marxismo, soprattutto in veste maoista

Ciò è innegabile ma questa “nuova” sinistra possiede carattere inediti e se possibile ancora più inquietanti rispetto a quella marxista e comunista. Per questo “American Mind” vi dedica un’attenzione speciale, con un dossier del 5 aprile. Cosa vuole la sinistra? si chiede la rivista conservatrice.

Le risposte sono sette e tutte preoccupanti

1 – eliminare il “free speech” cioè la libertà di parola e di stampa, distruggendo, scrive Arthur Mililkh, “le possibilità dello spirito critico”, ovunque essa sia presente, negli atenei in primo luogo ma anche nei media e ora nelle aziende, che si mettono ala woke politics (si veda il recente pronunciamento del Ceo di Coca Cola)

2 – vuole un “razzismo permanente”, scrive David Azerrad, cioè al popolo americano sostituisce una serie di identità, definite etnicamente: ovviamente le “minoranze” sarebbero state sfruttate dai “bianchi” che per questo dovrebbero sentirsi colpevoli e chiedere scusa, abbattendo le statue persino di Washington e di Lincoln. Con un neologismo francese, parleremo di “razzialismo”, cioè esaltazione delle particolarità etniche e culturali delle minoranze, considerate come irriducibili rispetto alle leggi dello Stato, decretate dalla maggioranza “bianca”

3 vuole “donne miserabili e uomini impauriti”, scrive Scott Yenor, con la distruzione dei rapporti tra uomo e donna, attraverso l’attacco al fantasma del patriarcato e soprattutto alla famiglia

4 vuole il “cambiamento” continuo, dove alla parola è associato un valore sempre positivo, scrive Willam Voegeli, quindi parte all’attacco delle tradizioni e delle istituzioni che le regolano.

5 vuole una “rivoluzione religiosa” in cui il cristianesimo, scrive Carson Holloway, sia rimpiazzato da un lato da una sorta di religione dell’umanità,  dall’altro da un Unico Dio, proprio come quello a cui è dedicato un recente museo berlinese.

6 vuole l’immigrazione illegale, che ovviamente come scrive Edwaird Erler, “distrugge la sovranità”

7 – Infine, mettendo in discussione la nazione americana , la sinistra, scrive John Fonte, in realtà persegue la distruzione della stessa comunità nazionale: non vi è può essere infatti comunità democratica al di fuori della nazione

Non crediamo che queste caratteristiche siano limitate alla sinistra statunitense. Quella inglese e quella francese sono nei fatti già pregne, e anche quella italiana si è già ingoiata le sette pillole della follia: anti libertà, razzialismo, femminismo, nuovismo, anti cristianesimo, immigrazionismo, anti patriottismo.

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Marco Gervasoni
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni (Milano, 1968) è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise, editorialista de “Il Giornale”, membro del Comitato scientifico della Fondazione Fare Futuro. Autore di numerose monografie, ha da ultimo curato l’Edizione italiana delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Edmund Burke (Giubilei Regnani) e lavora a un libro sul conservatorismo.

4 Commenti

  1. Marco avrei tutte la risposte ai sette punti, una l annuncio quello che abbiamo in testa è frutto del nostro cammino, ma non tutti i cammini sono uguali, così come la libertà. Ho letto barriere nel elenco che non mi appartengono.

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