Viviamo in un’epoca storica davvero complessa, nel giro di pochi anni il mondo è cambiato con una velocità supersonica. Riusciamo a fare oggi cose che soltanto dieci o quindici anni fa richiedevano tempi e procedimenti davvero complessi. Indubbiamente il progresso tecnologico ha rivoluzionato le nostre esistenze: il nostro modo di produrre, di lavorare, di socializzare e di comunicare sono totalmente diversi rispetto al passato.
Ma siamo davvero diventati migliori rispetto al passato?
Prendendo in prestito la fantasia di un genio del cinema come Robert Zemeckis, immaginiamo di infilare dentro una Delorean con il computer di bordo che segna l’anno 1977 personalità politiche del calibro di Di Maio, Toninelli, Dj Fofò Bonafede e azzoliniame vario, per poi lanciarla ad 88 miglia orarie. Immaginiamo poi che questi pesi massimi del grillismo appaiano in una seduta della Camera dei Deputati dell’anno fissato nella Delorean, mentre intervengono figure come Aldo Moro, Andreotti, Spadolini, Berlinguer, Craxi e Almirante.
Andate su youtube e provate a cercare un intervento qualsiasi di uno dei politici di quegli anni e – senza entrare nel merito delle idee che hanno rappresentato – ascoltate la capacità oratoria, la passione, la dialettica e i contenuti che sono capaci di tirare fuori. E immaginate uno dei campioni del grillismo intervenire in quel contesto, tra congiuntivi improbabili e trafori del Brennero. Il divario è lampante.
Ma questo vale forse in ogni ambito. Guardiamo al mondo della cultura e del giornalismo ad esempio. Negli anni ’70 una giornalista come Oriana Fallaci girava il mondo intervistando personaggi come Husayn di Giordania, l’arcivescovo Makarios, Alekos Panagulis, Nguyễn Cao Kỳ, Yasser Arafat, Mohammad Reza Pahlavi, Hailé Selassié, Henry Kissinger, Walter Cronkite, Indira Gandhi, Golda Meir, Nguyễn Văn Thiệu, Zulfiqar Ali Bhutto, Deng Xiaoping, Willy Brandt, Mu’ammar Gheddafi e l’ayatollah Khomeini.
Con uno stile sopraffino, la giornalista e scrittrice fiorentina dava ai suoi lettori una finestra d’osservazione sul mondo, cercava di affrontare grandi temi come l’Islam, religione, aborto, eutanasia e omosessualità, entrando nel merito delle questioni senza perdersi in sterili ideologismi. Una grandissima donna di cultura.
Prendiamo ora un’altra giornalista e scrittrice dei giorni nostri, una con tanti follower come Selvaggia Lucarelli. Prendiamo la firma de il Fatto Quotidiano e proviamo (senza non poca fatica, mi rendo conto) ad accostarla ad Oriana Fallaci. L’autrice di libri come Lettera a un bambino mai nato, Un uomo, Insciallah e La rabbia e l’orgoglio, avrebbe mai fatto un post sul glitter di Giorgia Meloni? Da buona fiorentina la Fallaci era una donna molto coraggiosa e sanguigna, una vera combattente. Ma si sarebbe mai lasciata andare al dileggio di un’altra donna politicamente a lei distante mettendo all’indice il suo make-up per fomentare i suoi avvelenatissimi follower?
La risposta è scontata. Un livello così basso credo non sia mai stato raggiunto. Quel post su facebook trasudante invidia e frustrazione verso una donna leader di un partito italiano e uno europeo, che sta avvicinando milioni di italiani attorno al suo progetto e alla sua idea di Italia, non può essere nemmeno segnalato all’ordine dei giornalisti. Al massimo all’ordine degli estetisti. Fortunatamente la Meloni non ha risposto alla Lucarelli, perché altrimenti avrebbe commesso l’imperdonabile errore di legittimare l’esistenza del nulla.
E il nulla è il vero male del nostro tempo, contro cui bisogna contrapporre la straordinaria forza dell’indifferenza. Nei Veda il punto più basso dell’evoluzione dell’umanità viene chiamato Kali Yuga: è indubbio che con la Lucarelli il giornalismo italiano abbia già conosciuto il suo Kali Yuga. Ora che abbiamo toccato il fondo e abbiamo conosciuto la sua vacuità e la sua sterilità, non possiamo fare nient’altro che risalire. Compatendo, nell’indifferenza, il vuoto pneumatico che divora gli apostoli del nulla.