Il tema del salario minimo in Italia è diventato il fulcro di un acceso dibattito politico, evidenziato ulteriormente dalla bocciatura che il CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ha sancito ad ottobre 2023 sulla proposta dei leader delle opposizioni, ad eccezione di Italia Viva, di imporre un salario minimo di 9 euro l’ora per legge in Italia. Incuriosisce il fatto che nonostante molti anni al Governo la sinistra non abbia mai presentato, e neanche pensato di presentare, una legge sul salario minimo. Adesso, durante il Governo Meloni, ne fanno una bandiera imprescindibile e fondamentale.
Questa proposta di legge presentata dalle opposizioni avrebbe l’obiettivo di tutelare i lavoratori garantendo una retribuzione minima oraria. Tuttavia, vari esperti del settore e alcuni rappresentanti del centrodestra hanno contestato la vaghezza e l’imprecisione della proposta, sollevando dubbi sulla sua costituzionalità e suggerendo che la contrattazione collettiva debba continuare ad essere il principale strumento di regolamentazione salariale.
Il dibattito si è intensificato dopo la presentazione della proposta, con esperti, anche di levatura accademica, che hanno messo in discussione l’efficacia di un salario minimo e hanno proposto alternative come l’ampliamento del welfare aziendale. Il CNEL, respingendo il salario minimo in favore della contrattazione nazionale, ha svolto un ruolo chiave. Questi, nella relazione finale restituita al Parlamento, ha definitivamente sottolineato l’importanza della contrattazione collettiva e ha proposto un piano di azione nazionale per migliorare il sistema esistente. Ha raccomandato un monitoraggio sistematico della contrattazione collettiva e un potenziamento dell’Ispettorato del Lavoro per affrontare le problematiche legate ai contratti precari.
Nonostante questi pareri autorevoli l’opposizione ha continuato ad oltranza a sostenere la sua battaglia ideologica senza curarsi minimamente dei danni avvisati dai vari esperti che un salario minimo imposto per legge causerebbe al nostro sistema economico e produttivo. Infatti, in Italia la contrattazione collettiva garantisce i diritti di oltre il 90% delle categorie lavorative, essendo un sistema consolidato e collaudato nel tempo.
Per fermare questa presa di posizione ideologica, che poco ha a che fare con la giustizia sociale inneggiata da Conte & co., il centrodestra ha risposto concretamente e prontamente con un emendamento che rafforza la contrattazione collettiva nazionale, superando la proposta delle opposizioni. La controproposta prevede due deleghe al Governo: una sulla retribuzione equa basata sui trattamenti economici minimi dei contratti collettivi più diffusi, e l’altra riguardante i controlli contro i contratti pirata.
Il centrosinistra, in vista di uno scontro in Commissione Lavoro, ha perpetuato bieche e oziose tattiche di ostruzionismo per bloccare la delega al Governo sulla proposta di legge. Nonostante questa disperata opposizione, il centrodestra ha ottenuto il via libera in Commissione Lavoro, trasformando la proposta delle opposizioni in una delega al Governo, suscitando proteste e accuse di tentativo di escludere le opposizioni dal processo decisionale.
La Commissione Lavoro della Camera ha infine approvato il 29 novembre 2023 l’emendamento di maggioranza che cancella la proposta delle opposizioni sul salario minimo. Questo emendamento, come detto, trasforma la proposta iniziale in una delega al Governo, consentendo a quest’ultimo di adottare decreti legislativi sulla retribuzione dei lavoratori e sulla contrattazione collettiva entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge così da poter passare finalmente da un “salario minimo” a un “salario adeguato” e garantire i diritti sociali fondamentali a tutti i lavoratori italiani.
Gli obiettivi della delega includono: l’assicurazione di trattamenti retributivi equi, la lotta al lavoro sottopagato e la promozione del rinnovo dei contratti collettivi, rispettando le tempistiche stabilite dalle parti sociali. Si mira anche a contrastare il dumping contrattuale, che comporta concorrenza sleale attraverso sistemi contrattuali volti a ridurre il costo del lavoro e le tutele dei lavoratori. Il Governo, nell’esercizio della delega, deve attenersi a principi e criteri direttivi, tra cui la definizione dei contratti collettivi più applicati per ciascuna categoria e l’obbligo per le società appaltatrici di riconoscere trattamenti economici minimi nei settori degli appalti di servizi.
Un’ulteriore vittoria del Governo Meloni contro la stantia ideologia della sinistra che pur di fare opposizione non si cura minimamente degli esiti delle proprie azioni così come, purtroppo, ha ampiamente dimostrato con il reddito di cittadinanza, il Superbonus 110 e la pletora di regalini che i Governi giallo-rossi hanno distribuito in cambio di facili consensi elettorali. Con il Governo Meloni finiscono i tempi delle truffe e dei brogli politici ai danni dei cittadini e tornano legalità e giustizia. Bentornato orgoglio italiano.