Dal territorio. Marche: la Grotta della Sibilla

Sapere cosa ci aspetta nel futuro è forse una delle curiosità più grandi e più diffuse. Ecco perché, da tempo immemore, le figure ritenute in grado di fare predizioni nella tradizione popolare sono sempre state circondate di un’aura particolare. Tra loro spiccano le Sibille, donne dotate di virtù profetiche che fornivano responsi, solitamente con frasi oscure e di non facile o possibile doppia interpretazione. Di Sibille nel periodo greco-romano si ritiene ce ne siano state diverse, stabilitesi in vari luoghi del bacino del Mediterraneo. 

Che siano state personaggi realmente esistiti o, come pensa qualcuno, figure mitologiche, le Sibille sono rimaste nella leggenda. Ed è proprio nella leggenda che affonda le sue radici la storia della Sibilla Appenninica, che si è diffusa nell’immaginario collettivo nel periodo del Medioevo in particolare nel tratto appenninico umbro-marchigiano. Proprio per questo la catena montuosa, che oggi fa parte del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ha in seguito assunto il suo nome. Si riteneva, infatti, che la grotta, situata poco prima della vetta del Monte Sibilla, fosse il luogo in cui la profetessa viveva con le sue ancelle, fate dai piedi caprini che a volte assumevano sembianze del tutto umane e scendevano a valle entrando in contatto con gli abitanti. Ma solo di giorno, perché la sera dovevano rientrare alla grotta. Una volta si trattennero oltre l’orario consentito e la diceria popolare vuole che la Sibilla, arrabbiatissima, abbia provocato un forte terremoto che rase completamente al suolo il paese in cui si trovavano. Secondo altri, invece, la distruzione del piccolo centro fu provocata da una pioggia di pietre lanciate dalla Sibilla che voleva con tale atto punire gli abitanti per la mancanza di rispetto nei confronti delle sue fate.

Sulla Sibilla, comunque, si diffusero leggende contrastanti: se, infatti, qualcuno la considerava come una strega malefica e demoniaca, che intrappolava per sempre quanti osavano entrare nel suo antro, per altri era una fata benevola, custode di antiche conoscenze e portatrice di messaggi positivi. La sua enigmatica figura è stata protagonista anche di opere letterarie. Tra esse Il Guerin Meschino (1410) del letterato fiorentino Andrea da Barberino, che la ritrae come una maga seducente e tentatrice, e Il paradiso della regina Sibilla di Antoine de La Sale, scritto dopo che il suo autore, durante un viaggio in Italia nel 1420, aveva visitato i Monti Sibillini. Nel libro si raccontano le avventure di un cavaliere nel regno sotterraneo della regina Sibilla, nascosto nelle cavità del promontorio montuoso. L’ingresso era appunto la celebre grotta, conosciuta anche come Grotta delle fate, che è oggi raggiungibile mediante vari percorsi escursionistici. La volta è crollata e dell’antro rimane solo l’apertura piena di detriti, ma nel sito si respira comunque un’atmosfera particolare e molto suggestiva.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi, due volte laureata presso l'università La Sapienza di Roma (in giurisprudenza e in scienze politiche), è giornalista pubblicista e scrittrice. Collabora con diverse testate e case editrici.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.