Roma è una città ricchissima di storia, di tradizioni popolari, di leggende e di misteri. Tra questi ultimi ce n’è uno che avvolge un luogo molto particolare, situato nel cuore del quartiere Africano, non lontano dalla via Nomentana. Si tratta di Piazza Elio Callisto, che fino agli anni Cinquanta si chiamava piazza Sedia del Diavolo. Questo nome deriva dal monumento che si trova al centro della piazza, ovvero il sepolcro attribuito con ragionevole certezza (anche se non assoluta) ad Elio Callisto, personaggio realmente vissuto, che era un liberto dell’imperatore Adriano.
Quanto alla struttura del monumento, sul sito della Soprintendenza alle belle arti di Roma si legge che il sepolcro, del tipo “a tempio”, risale alla metà del II secolo d. C. e si sviluppa su due piani, entrambi con caratteristiche artistiche molto interessanti. Nel corso del tempo la facciata è interamente crollata, mentre si conservano tre dei lati. Ed è proprio dall’aspetto assunto da quello che è ormai divenuto un rudere in conseguenza dei citati crolli che deriva il nome popolare di Sedia del Diavolo: il monumento, infatti, ha assunto l’apparente forma di un enorme trono, con tanto di schienale e braccioli. Sedia dunque. Ma perché “del Diavolo”?
Per capire le ragioni di questa particolare e forse un po’ inquietante dizione, partiamo dall’ambientazione. Oggi la piazza in cui il monumento si trova è in un quartiere semi-centrale di Roma ma una volta la zona era in aperta campagna e il mausoleo di Elio Callisto, isolato, si poteva individuare anche da lontano. Ed è facile immaginare che, quando già era un rudere, veniva utilizzato da viandanti e senza dimora come rifugio notturno con tanto di fuochi accesi all’interno. E per chi lo osservava a distanza, vedere i riflessi rossi delle fiamme spiccare nell’oscurità poteva senz’altro dare l’impressione di avere a che fare con qualcosa di tetro ed inquietante. E, appunto, di demoniaco. C’erano poi addirittura leggende popolari secondo cui il monumento aveva assunto la forma di una sedia proprio perché Satana, utilizzandolo come trono, ne aveva provocato il parziale crollo. Molti, inoltre, erano convinti del fatto che i seguaci del Maligno si riunivano all’interno della struttura per celebrare riti di vario tipo.
A conferma dell’aura di mistero e magia che circonda il monumento, nei secoli passati molte persone vi si accostavano per incidere sulle pareti i loro desideri, convinti che così facendo avrebbero contribuito alla realizzazione degli stessi. Addirittura qualcuno si spingeva fino a raschiare piccoli frammenti di muro da utilizzare in filtri e pozioni, anche perché girava voce che il rudere potesse conferire il dono della preveggenza e capacità curative. Si dice poi anche che in un punto non identificato della “Sedia” l’alchimista Zum Thurm abbia inciso la parola “kabala” e che chiunque avesse battuto tre volte il pugno chiuso contro la scritta recitando la formula “voglio cambiare la storia”, avrebbe ottenuto una grande trasformazione della propria vita.