Dal territorio. Roma: Pasquino e le statue parlanti

Pasquino, Abate Luigi, Madama Lucrezia e Marforio, a cui nel corso degli anni si sono aggiunti i gruppi marmorei appartenenti a due fontane, ovvero il Facchino, e il Babuino. 

I romani che hanno familiarità con le loro antiche tradizioni sanno che questi sono i nomi delle celebri “Statue parlanti”, ovvero elementi marmorei su cui il popolo della città, in particolare nel periodo tra i secoli XIV e XVI, ha iniziato ad affiggere anonimi componimenti ironici (per lo più in versi, ma non sono mancati dialoghi e motti di spirito) di critica e satira riferiti a governanti e classi privilegiate che detenevano e gestivano a loro comodo il potere, con particolare riferimento ai rappresentanti del papato e della chiesa (ma non solo). Tali scritti, prendendo il nome dalla più famosa delle sei statue – Pasquino – sono ancora oggi chiamati “pasquinate” e hanno per lungo tempo rappresentato l’espressione del malcontento popolare.

Quanto alle sculture, come ricorda sul suo sito internet la Sovrintendenza capitolina ai beni culturali, risalgono ad epoche diverse e sono anche definite, nel loro complesso, Congresso degli arguti. Come accennato, la più nota delle Statue parlanti è quella alla quale è stato dato il nome di Pasquino: si tratta dei resti di un gruppo marmoreo di età ellenistica rinvenuto nel corso degli scavi per la ripavimentazione stradale della zona e la ristrutturazione di Palazzo Orsini (oggi Braschi). Poco dopo, nel 1501, il reperto è stato posto su un piedistallo poi installato nella piazza in cui ancora oggi si trova (piazza di Parione, poi ribattezzata piazza di Pasquino, a due passi da piazza Navona).

Non si conosce l’origine del nome dato alla statua (qualcuno dice che sia riferita ad un sarto che viveva presso il luogo del ritrovamento, altri parlano di un maestro di scuola e altri ancora di un oste), che peraltro, in due film diretti da Luigi Magni, ebbe il volto di Nino Manfredi. Quel che è certo è che fin da subito i potenti oggetto degli strali di Pasquino tentarono, senza mai riuscirci, di silenziarlo con vari mezzi, tra cui vigilanza continua alla statua ed editti comminanti la pena di morte a chi fosse stato scoperto ad affiggere “pasquinate”.

Va ricordato, infine, che se è vero che molti degli scritti apparsi sulle Statue parlanti erano espressione dello scontento della gente, lo è altrettanto il fatto che a volte gli stessi esponenti delle classi dominanti usavano questo mezzo nel proprio interesse, per sabotare, diffondendo maldicenze, l’ascesa di appartenenti a gruppi rivali. In questo secondo caso la satira non è più pura invettiva popolare ma diventa strumento di lotta politica. Un po’ come avviene oggi con certi vignettisti smaccatamente e ideologicamente orientati a sinistra. Per carità, tutto legittimo. Ma bisognerebbe riconoscere che non si tratta più davvero di satira puramente intesa, ma, appunto, di lotta politica.

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Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi, due volte laureata presso l'università La Sapienza di Roma (in giurisprudenza e in scienze politiche), è giornalista pubblicista e scrittrice. Collabora con diverse testate e case editrici.

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