“Quello delle mutilazioni genitali femminili è un argomento poco noto che, però, ha interessato ben 200 milioni di donne nel mondo. Ed entro il 2030 altre 68 milioni saranno a rischio. È una sevizia a cui le ragazze non si possono sottrarre perché, molto spesso, la stessa famiglia o il villaggio di origine si aspettano questo trattamento come un rito di passaggio alla femminilità adulta”.
Lo dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia, Cinzia Pellegrino, coordinatore nazionale Dipartimento tutela vittime FdI, durante la conferenza stampa dal titolo “Stopcut, fermare le mutilazioni genitali femminili” avvenuta oggi in Senato.
“In Italia – continua Pellegrino – si contano già 88mila vittime, conseguenza di una cultura emigrata anche qui in Europa. Sono fenomeni che si verificano nella nostra Nazione nonostante una buona legge del 2006 che, oltre a imporre pene, prevede l’applicazione della extraterroritalità, rendendo punibili le mutilazioni anche se commesse all’estero. Con questa legge si associa alla linea penale quella della prevenzione. È dunque un tema molto sottovalutato che sembra non toccarci da vicino, ma non è così. Per questo bisogna aiutare le vittime, senza dimenticare le potenziali vittime. Di fronte a un problema così atavico, le misure appropriate sono 3: oltre che agire sulla pena, bisogna intervenire sulla prevenzione e sul post trauma”.
“Fondamentale è, infatti, un supporto sanitario anche psicologico e aiutare le ragazze con la tecnologia. Questo è il caso di 5 keniote, “The Restorers”, che nel 2019 hanno lanciato un’applicazione per aiutare le donne in difficoltà. Queste ragazze si battono contro le mutilazioni genitali femminili in un Paese che ancora le pratica. Inventare una app, in questo caso, è un forte segno di ribellione. Bisogna, infine, investire sulla cultura: esportare i diritti umani nel mondo. Ma è difficile scardinare un rito atavico semplicemente parlando di diritti umani. I diritti vanno insegnati, acquisiti, per poi diventare parte di quella cultura. Ciò che possiamo fare è portare progetti di informazione e formazione che interagiscano con quei territori, e sostituiscano la parte violenta con la cultura della tutela dell’integrità del corpo e della persona. Occorre far arrivare al destinatario un concetto semplice quanto rivoluzionario: non serve essere mutilata per dimostrare di essere una donna, serve invece avere coscienza dei propri diritti di donna”, conclude Pellegrino.