Disabilità: e se accadesse a noi?

La disabilità (o handicap) è la condizione di chi, in seguito a una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale.

Il mondo della disabilità ha vissuto dunque profonde trasformazioni in epoca contemporanea e, a partire dagli anni settanta Del XX secolo, ha preso corpo un’azione di rinnovamento dei servizi e degli interventi a favore della persona con disabilità. Il cosiddetto processo d’inserimento dei portatori di handicap, oggetto delle politiche sociali di quegli anni è andato via via affinandosi, sino a diventare un processo d’integrazione. Inoltre, tra i termini inclusione sociale e integrazione sociale vi è una distinzione: L’inclusione sociale è la situazione in cui, in riferimento a una serie di aspetti che permettono agli individui di vivere secondo i propri valori, le proprie scelte, è possibile migliorare le proprie condizioni e rendere le differenze tra le persone e i gruppi socialmente accettabili. L’integrazione sociale è, invece, qualcosa di più profondo, come l’inserimento delle diverse identità in un unico contesto all’interno del quale non sia presente alcuna discriminazione. L’integrazione è intesa come il processo attraverso il quale il sistema acquista e soprattutto conserva un’unità strutturale e funzionale, mantenendo un equilibrio attraverso processi di cooperazione sociale e di coordinamento tra i ruoli e le istituzioni.  La repubblica garantisce infatti il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona disabile e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società, previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana e la partecipazione alla vita della collettività’, nonchè la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali, assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonchè la tutela giuridica ed economica  e predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale.

La prima forma di assistenza alla persona disabile è certamente la cura e la riabilitazione(art. 7 l. n. 104/92), che si realizza con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona con disabilità coinvolgendo la famiglia e la comunità. Grazie ad un emendamento presentato da Fratelli d’Italia e approvato lo scorso 24 giugno 2020, le pensioni di invalidità civile al 100%, in ottemperanza a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, ovvero di aumentare l’assegno alle pensioni di invalidi civile, il Governo le innalza a 514.46 euro indipendentemente dall’età anagrafica. L’inserimento e l’integrazione sociale del disabile, è un’ulteriore forma di assistenza che si realizza mediante interventi di carattere socio-psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio con servizi di aiuto personale, interventi diretti ad assicurare l’accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche, provvedimenti che rendano effettivi il diritto all’informazione e il diritto allo studio, adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali, integrazione nel mondo del lavoro, fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato, organizzazione e sostegno di comunità-alloggio e case-famiglia per assicurare alla persona con disabilità, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare un ambiente di vita adeguato, istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione, alla quale deve unirsi l’integrazione scolastica, che ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona disabile nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione e l’integrazione lavorativa, che viene attuata dalle regioni che disciplinano l’istituzione e la tenuta dell’albo regionale degli enti, istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone con disabilità.

La Disabilità non è lontana da noi e potrebbe essere o purtroppo diventare la storia di qualcuno che amiamo o persino la storia di ognuno di noi. Essa può colpire adulti o bambini e non riguarda solo malattie Neurodegenerative, presenti sin dalla nascita o acquisite, ma è anche l’esito spiacevole di tante malattie più comuni che possono colpirci soprattutto con l’avanzare dell’età. Ad essere coinvolta e sconvolta non è quindi solo la vita del disabile, ma quella di tutta la famiglia.

Quando un familiare volontariamente assume l’impegno di fornire aiuto e supporto al malato nel suo percorso di recupero fisico, mentale ed affettivo nell’ambiente domestico, si fa carico di un compito difficile e gravoso. Spesso il carico assistenziale all’interno della famiglia, è gestito da un’unica persona in quanto gli altri membri gradatamente abbandonano il peso dell’assistenza e delegando sempre più ad un solo membro della famiglia. Il familiare che si occupa dell’assistenza, rischia così di essere isolato e di isolarsi emotivamente e socialmente dalla vita pubblica e privata, fino ad arrivare gradualmente ad una vera e propria crisi psichica. Talvolta, assistere un malato (soprattutto se affetti da malattia di tipo cognitivo o da grave non autosufficienza) comporta un aiuto per la maggioranza dei gesti e degli atti della vita quotidiana; la sorveglianza è quindi necessaria sia di giorno che di notte ed il familiare resta in costante allarme. Il ruolo e i compiti di un parente che decide di prendersi cura di un familiare anziano o con disabilità è davvero molto complicato e difficile d’affrontare e per definire tale ruolo si sente sempre più spesso parlare di caregiver.  La parola caregiver si potrebbe tradurre letteralmente in italiano con “colui che dà le cure”. Chi è il caregiver in Italia? Il caregiver familiare è quella persona che a titolo gratuito e fuori dall’ambito professionale si occupa dell’assistenza di un figlio, genitore o altro familiare disabile o che comunque non sia autosufficiente. Sono sempre di più in Italia i caregivers familiari e questi spesso sono costretti ad abbandonare il lavoro, anche se molto giovani, per potersi totalmente dedicare alla cura di un figlio o un genitore che altrimenti non potrebbe vivere. Il caregiver deve assistere il malato somministrando farmaci o terapie, occuparsi dell’acquisto e prescrizione dei medicinali, nonché delle visite mediche specialistiche, deve occuparsi in molti casi dell’igiene personaledel malato quando non è autosufficiente, occuparsi dei pasti e tutto ciò che concerne la cura e l’assistenza del familiare con disabilità o altra patologia. Un lavoro molto faticoso quello del caregiver sia a livello fisico sia psicologico in quanto spesso la sua vita si riduce a poca socialità e stress.

Una critica alle Istituzioni che troppo spesso non si occupano come dovrebbero delle esigenze e dei diritti del Disabile e anche della famiglia che se ne prende cura sarebbe più che legittima. Le istituzioni eppure non sono le uniche a poter essere additate. Ognuno di noi potrebbe fare molto di più, eliminando quei gesti di inciviltà quando ad esempio viene occupato il posto macchina di un disabile da chi non ne ha diritto, o bloccato il passaggio di una scivola. A volte non è solo il “non fare” che potrebbe essere d’aiuto, ma anche quel “fare” che sta in quei piccoli ma grandi gesti della quotidianità dei quali troppe volte ci dimentichiamo. Sto parlando della gentilezza nel tenere una porta aperta, della dolcezza di un sorriso verso chi si sente isolato, di empatia verso un dolore che domani potrebbe essere il nostro, sto parlando di solidarietà, non solo con il conforto dato dalle parole, ma con il prodigarsi nell’aiutare effettivamente gli altri.

Se è vero infatti che ogni forma di disabilità fisica è la causa della sofferenza di chi ne è afflitto, la peggiore delle disabilità è quella dell’anima, perché non colpisce principalmente chi ne è affetto, ma peggio ancora tutti coloro che gli stanno attorno.

 

In Memoria di mio fratello Fabio Cunsolo, deceduto il 23/11/2018 a causa della SLA.

Grazie per avermi insegnato  a non smettere mai di lottare e a sorridere sempre nonostante tutto.

Arrivederci fratellino.

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Manuela Cunsolo
Manuela Cunsolo
Laurea magistrale in Giurisprudenza, vive a Catania dove attualmente svolge la Pratica forense presso uno studio penale. Alle scuole superiori ha iniziato a fare volontariato in uno dei quartieri disagiati della sua città dando lezioni di doposcuola ai bimbi. Sempre il suo amore per i bambini l'ha spinta a diventare volontaria Abio presso i reparti di pediatria generale, oncologica e broncopneumologia del Policlinico di Catania per circa 10 anni. Il suo sogno è di diventare un avvocato penalista e una mamma.

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