In questo articolo racconteremo il calvario di una coppia che aveva chiesto l’affido di un figlio.
La storia si svolge in Sardegna, loro si chiamano Paolo ed Antonella e si sono rivolti alla nostra redazione.
Paolo ed Antonella da anni desideravano poter diventare genitori adottivi.
Dopo tanti anni di attesa finalmente viene loro proposto dal Tribunale dei Minori l’affido di una bimba di 5 anni e mezzo, a cui daremo il nome di fantasia di Sara. Con decreto del tribunale dei minori N17/17ADS inizia quindi ufficialmente l’affido della minore per la durata di un anno.
La bimba viene da una situazione familiare difficile. Il padre alcolizzato, la mamma tossicodipendente e con problemi psichici. Nonni assenti e nessuno che potesse prendersi cura di lei.
La bambina era entrata all’età di due anni e mezzo in una casa famiglia insieme alla mamma, che, poco dopo lascia la struttura e inizia un percorso con i servizi sociali, andando a trovare la bimba una volta la settimana.
Finalmente arriva il momento in cui la coppia può avviare l’affido ed il 5 settembre 2019 Sara è affidata alle cure della famiglia affidataria, ma già nel primo mese iniziano i problemi.
Bisogna subito far presente che attorno a questa bambina erano stati attivati i servizi sociali di ben due distretti: Cagliari e Dolianova, paese di origine della mamma, e una costellazione di altri addetti con differenti modi di lavorare.
Come prima cosa, inspiegabilmente, alla bimba viene tolta la psicologa con cui aveva instaurato un bellissimo rapporto di fiducia e che durava da ben due anni e mezzo. La nuova famiglia chiede spiegazioni, ma l’unica cosa che le viene detta è che la bimba avrebbe dovuto iniziare una nuova vita, tagliando ogni rapporto con il passato. Anche se la bambina chiedeva insistentemente di poter vedere ancora la dottoressa.
Dopo un mese dall’entrata in casa, mentre Sara si sta abituando alla nuova situazione familiare, ai genitori adottivi viene detto che la bambina dovrà iniziare gli incontri con la mamma. Questo crea grande disagio alla piccola, che dichiara di non voler vedere la mamma, facendo intendere di voler più tempo per prepararsi a rivederla.
Senza essere psicologi possiamo ipotizzare lo stato d’animo di una bambina destabilizzata dalle continue assenze della madre, che non aveva mai potuto prendersi cura di lei. Sulla madre naturale pesa anche una perizia che la dichiara non idonea al ruolo di mamma, ma nonostante ciò i servizi d’accordo con il tribunale attivano un ennesimo recupero durato altri 3 anni.
La bimba trova invece serenità nella nuova famiglia, tanto che dopo poche settimane inizia a chiamare i genitori adottivi, mamma e papà.
Presto però la bimba comincia a manifestare malessere, ed inizia a grattarsi ovunque, mani, braccia, gambe, dietro le orecchie, si morde le labbra, si procura dei lividi. Si gratta così tanto da farsi uscire il sangue. La coppia di genitori adottivi avverte immediatamente i servizi sociali, ma riesce ad ottenere una visita dermatologica solo dopo ben quattordici mesi.
Nel frattempo la bimba viene affidata alla psicologa dei servizi sociali di Dolianova senza ottenere però nessun miglioramento, anzi, la bambina inizia una serie di comportamenti facilmente riconducibili alla richiesta d’aiuto, di certezze, di stabilità e chiarezza che il percorso scelto dai servizi sociali (con le visite della madre naturale) non consente.
Gli incontri con la mamma continuano, fino a quando lei, come fatto spesso in passato, non scompare nuovamente. Siamo nel luglio 2020.
La Ctu riconferma per la seconda volta l’inadeguatezza della madre.
In udienza la coppia affidataria da disponibilità a tenere Sara fino a quando non verrà trovata una famiglia adottiva (nel frattempo viene dichiarata adottabile). Dopo un mese e mezzo arriva il decreto dove si afferma che la bimba potrà rimanere con Paolo e Antonella, ma dopo 17 giorni, in una giornata di dicembre, arrivano a casa (senza preavviso) il tutore con la Ctu e la portano via. Hanno con sé un decreto d’urgenza con un’istanza dei servizi sociali.
In quell’occasione viene dichiarato ai genitori adottivi che la Ctu, già a luglio aveva avvertito la bambina che sarebbe dovuta andar via anche dai genitori affidatari. Senza che Paolo e Antonella fossero stati messi al corrente della cosa. L’episodio aveva quindi creato così tanto disagio alla piccola che aveva iniziato a manifestare comportamenti oppositivi verso i genitori affidatari, proprio per una tipica reazione psicologica dei bambini.
La bimba viene quindi collocata in una nuova struttura.
I legali della coppia non trovano nessuna istanza dei servizi, ma la cosa più strana è il fatto che in tutto questo periodo nessuno abbia preparato la bimba al distacco.
Ad oggi Paolo ed Antonella non hanno più notizie di lei, e oltre al grande dolore per questo distacco repentino ed inspiegabile rimangono in loro mille domande su quello che possa essere successo, ma nessuna risposta.
E noi, senza entrare nel merito di decreti e relazioni di psicologi e assistenti sociali ci chiediamo se non sia davvero arrivato il momento di rivedere il sistema degli affidi, con i suoi protocolli a volte incomprensibili.
Del resto, al di là della storia in questione, si tratta di un sistema che, da Bibbiano in poi, ha mostrato tutte le sue incongruenze, mosso troppo spesso da dinamiche opache che nulla hanno a che vedere con il benessere del minore, un sistema che vede centrale e decisivo il ruolo svolto dai servizi sociali, troppo spesso inadeguati a svolgere ruoli così delicati.