Divieto dei motori endotermici, l’Europa inizia a ripensarci dopo il pressing italiano

Arrivano chiari segnali, da tutta Europa, che le clausole ambientaliste ed ecologiste iniziano a essere prese non più tanto sul serio, neppure dai progressisti. Clausole imposte dalla Commissione europea uscente, in particolare dall’ex Commissario europeo per il clima e del Green Deal, l’olandese Frans Timmermans, il cui lascito, nonostante si sia dimesso dal suo ruolo nell’agosto del 2023, si fa ancora sentire in modo distinto in tutto il continente. Misure che hanno distrutto interi comparti della nostra economia, che hanno messo in enormi difficoltà l’agricoltura, che hanno posto le basi per un futuro green, ma non nella direzione giusta.

I rischi per l’Europa, debole e assoggettata

C’è infatti qualcosa che non va nelle idee della Commissione europea: il non aver minimamente considerato le esigenze delle persone, che all’interno della società ci sono uomini e donne sui quali graveranno soprattutto gli effetti negativi di certe politiche. Senza incentivi, senza piani di investimento, senza aiuti, il mondo non potrà mai diventare green: in altre parole, se per adeguarsi ai vincoli ecologisti i cittadini dovranno sacrificare soldi e competitività rispetto a competitors internazionali non soggetti alle stesse clausole, risulta impossibile allora aspettarsi entusiasmo per certe decisioni. Decisioni che, dunque, già vacillano. Gli effetti devastanti delle politiche green della Ue si sono fatti sentire fortemente nel comparto automobilistico: sappiamo tutti in che condizioni versa Stellantis, come pure la Volkswagen. Colpa soprattutto del divieto europeo di produzione di veicoli a motore endotermico dal 2035: una scelta che fu presa improvvisamente dai commissari europei, senza prevedere né un adeguato piano di transizione e neppure considerando i possibili (ora visibili) effetti negativi. Chiare le parole di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervistato dal Financial Times: “La tabella di marcia del Green Deal, così come è stata concepita, ha già dimostrato le sue contraddizioni con il crollo del mercato europeo dei veicoli elettrici e la grave crisi delle case automobilistiche europee. I dati parlano da soli. È già chiaro che la road map non è sostenibile”. Il problema è evidente: i veicoli elettrici “costano troppo rispetto ai redditi degli europei e degli italiani”. E, in più, in mancanza di incentivi, la nostra industria non è ancora sviluppata adeguatamente per l’elettrico, il che potrebbe portare l’Europa a essere troppo dipendente dalla Cina: “Il rischio è di passare dalla dipendenza dai combustibili fossili russi alla dipendenza da materie prime critiche provenienti dalla Cina, prodotte o lavorate in Cina”.

L’apertura del vice-Scholz

Servono dunque più risorse per “investimenti che accelerino sulla fase della transizione e che consentano ai consumatori europei di acquistare macchine elettriche”, dato il calo significativo delle vendite già registrato. E serve anche un’“autonomia strategica” dell’Europa, che possa utilizzare anche i biocombustibili. È sicuramente un fatto a dire poco rilevante che a questa visione del ministro Urso, che è indicativa di quanto sempre sostenuto dal Governo Meloni e dal centrodestra italiano, si sia aperto anche il vicecancelliere tedesco, Robert Habeck, ministro dell’Economia e della Protezione climatica, appartenente alla compagine governativa del socialista Olaf Scholz e – udite udite – figura di spicco dei Verdi tedeschi. Il colloquio tra il ministro italiano e quello tedesco ha riguardato l’anticipo, per la prima metà del 2025, dell’attivazione della clausola di revisione del Regolamento inerente le “emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri”.

Proposta italiana

Urso ieri ha anche incontrato gli eurodeputati italiani: Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia, ha parlato di “incontro molto positivo”, ricordando come sia italiana la proposta di “anticipo della clausola di revisione sul regolamento CO2 al 2025”, proposta che Fratelli d’Italia ha “sostenuto in campagna elettorale”. Sulla neutralità tecnologica, “grazie a un’iniziativa del Governo Meloni appena insediato si è riaperto questo tema che però è stato utilizzato dai tedeschi per avere una sorta di via preferenziale per gli e-fuels mentre la priorità italiana – ha concluso – è fare in modo che la neutralità tecnologica comprenda anche i biocarburanti”.

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