Il colonialismo italiano è, come in effetti gran parte della nostra storia, poco conosciuto e sicuramente strumentalizzato dalla politica mainstream dominante.
Eppure basterebbe conoscerne alcune storie per capire che i giudizi negativi a distanza di un secolo, e più, lasciano il tempo che trovano. O, meglio, che sono dettati da considerazioni morali totalmente senza senso quando si parla di storia.
Viene in aiuto un articolo, puntuale e sottilmente ironico, di Andrea Cionci per Libero di febbraio e la rivista Armi-Tiro di maggio 2021.
Il giornalista racconta la storia di Domenico Mondelli, nome italiano di Wolde Selassie.
Una storia che merita d’essere riscoperta.
Partiamo dalla fine. Cioè da quello che rimane sopra il resto: le onorificenze che raccontano l’eroismo di questo italiano d’Eritrea:
Medaglia d’argento al valor militare
«Comandante di battaglione, già duramente provato solo due giorni avanti infondeva nei suoi bersaglieri tale spirito militare da portarlo brillantemente all’attacco di q. 244 che occupava dopo quarant’otto ore di lotta accanitissima. Colla sua presenza teneva al proprio posto i suoi uomini nonostante l’intenso bombardamento, le sofferenze inaudite della sete, ed era a tutti superbo esempio di valore, di costanza, di serenità magnifica. Carso (q. 244), 22-23 agosto 1917.»
Medaglia d’argento al valor militare
«Assunto, durante il combattimento, il comando di un reggimento, si slanciava per primo alla riconquista di un importante posizione, catturando mitragliatrici e facendo numerosi prigionieri. In successive azioni mentre col suo battaglione trovavasi di rincalzo, avendo intuito che l’intenso fuoco di artiglieria e mitragliatrici nemiche rallentavano l’impeto dell’attacco dei nostri, seguendo l’impulso del suo animo forte ed ardimentoso, accorreva sollecitamente in prima linea per accertarsi della situazione, rimanendo gravemente ferito da una scheggia di granata. Tuttavia non si allontanava dal posto di combattimento finché non fu sicuro del saldo mantenimento della nostra linea. Sasso-Col del Rosso, 16-26 giugno 1918.»
Medaglia di bronzo al valor militare
«In numerose ricognizioni e azioni offensive, delle quali alcune su terreno montuoso, ed altre eseguite in condizioni atmosferiche sfavorevoli, dava prova di calma e coraggio. Sprezzante del pericolo, volava anche a quote basse, sebbene fosse stato fatto segno a fuoco d’artiglieria nemica. Durante una ricognizione, essendosi abbassato perché voleva assolutamente vedere, fu colpito da schegge d’artiglieria, e solo mercé la sua calma e il suo non comune sangue freddo poté atterrare in territorio nostro. Alto Isonzo, 23 maggio-15 agosto 1915.»
Medaglia di bronzo al valor militare
«Alla testa del proprio battaglione, partecipava alla riconquista di importanti posizioni, catturando mitragliatrici e facendo numerosi prigionieri. In una succecciva circostanza, mentre col suo battaglione trovavasi di rincalzo, essendogli sembrato che l’intenso fuoco dell’artiglieria e mitragliatrici nemiche rallentasse l’impeto dell’attacco dei nostri, seguendo l’impulso del suo animo forte accorreva sollecitamente in prima linea per accertarsi della situazione, rimanendo gravemente ferito al viso da una scheggia di granata. Sasso-Col del Rosso, 16-26 giugno 1918.»
Medaglia di bronzo al valor militare
«Comandante di un battaglione d’assalto, accorreva prontamente col proprio reparto in difesa di una posizione fortemente attaccata dal nemico che era riuscito ad occupare un tratto di essa. Resosi esatto conto della situazione, con l’ottima disposizione dei propri uomini, riusciva ad arrestare l’avversario e percorrendo più volte la linea , con l’esempio e la parola, animò i dipendenti alla lotta. Assistette di persona all’uscita dalla linea di due dei suoi reparti per il contrattacco. Muoveva all’attacco con la prima ondata. In tutto lo svolgersi del combattimento confermava validamente il suo indiscusso valore di soldato. Monte Messovun (Albania), 23 luglio 1920.»
Croce al merito di guerra
Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia
Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana — 10 giugno 1970
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna)
Medaglia commemorativa dell’Unità d’Italia
Medaglia commemorativa italiana della vittoria
Un eroe di guerra.
Per essere definiti eroi ci vogliono due caratteristiche: aver compiuto atti di coraggio e, poi, avere chi li riconosca come tali.
L’eroismo di Domenico Mondelli non è stato negato da nessuno, le azioni parlano per lui, e allora perché citare la sua storia?
Non solo perché parlare di eroismo nell’era del livellamento globale, dell'”uno vale uno” è un atto d’educazione e di resistenza fondamentale. Ma anche perché Domenico Mondelli, già Wolde Selassie, adottato da un ufficiale italiano che così gli aveva salvato la vita, era nero.
E chi se ne frega, dirà il nostro lettore. E sono d’accordissimo. Il coraggio, la grandezza d’animo, il senso del dovere e, mi si permetta l’affermazione retrò, l’amor di patria sono valori assoluti in sé a prescindere se chi li compie sia uomo, donna, bianco, nero. O delle mille varianti e sfumature che vogliamo immaginare.
Ma in un tempo in cui ci viene chiesto di rinnegare il passato e di chiedere scusa per errori che non abbiamo commesso è importante mettere dei puntini.
Intanto evidentemente Wolde Selassie non era considerato carne da cannone altrimenti non avrebbe ricevuto tutte queste onorificenze e poi il suo nome è, come ricorda Andrea Cionci nel già citato articolo, quello del primo pilota nero della storia.
Wolde Selassie è stato un cavaliere dell’aria. Uno di quelli che saliva in cielo su trabiccoli pericolosi e che su quelli sfidava le correnti e i colpi dei nemici. Per farlo ci voleva un coraggio estremo ma era anche un onore riservato a pochi.
Dire, dopo questo, che fosse discriminato per il colore della sua pelle, come ovviamente fa certa storiografia, fa ridere e dimostra quanto la disonestà intellettuale si sia fatta strada nella stampa o nell’accademia.
La stessa che dimentica, come giustamente fa notare Cioci, come Domenico Mondelli si sia iscritto alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Quella nella quale per arruolarsi si doveva giurare fedeltà anche a Mussolini. Insomma un discriminato dal fascismo che si iscrive in un corpo giurando fedeltà al fascismo. Strano, no?
Insomma alla fin fine sarebbe solo la storia di un italiano oltre gli stereotipi e, prima di tutto il resto, di un eroe di guerra da conoscere e ammirare.
Ma, in tempi miseri come i nostri, è un esempio da raccontare. Perché l’Italia avrà anche una storia complessa, fatta anche di grandi errori ma è soprattutto una Nazione con dei pregi e dell’eccellenze che ci fanno essere primi nel mondo.
Basta ricordarli per ritrovare il coraggio, come Domenico Mondelli o Wolde Selassie che dir si voglia, di riprendere il volo verso il cielo.
Questa è solo metà della storia. E’ vero che Mondelli è stato il primo aviatore nero, ma purtroppo poi il fascismo stesso l’ha mandato via perché nero. Mondelli ha fatto causa contro Mussolini per tre volte per questo motivo (vincendo). Vi consiglio questa bella lezione che riassume la sua storia e quella di altri italiani neri: https://www.youtube.com/watch?v=PAf6YUPIKck&ab_channel=NYUFlorence