Due bandiere, due Stati. Breve storia dei vessilli nazionali russo e ucraino

“Two-State solution”. Prendiamo in prestito l’espressione anglofona utilizzata da diplomatici e analisti di mezzo mondo per immaginare – oggi con un disincanto al limite della disperazione – una via di uscita al conflitto israelo-palestinese.

L’analogia con la crisi russo-ucraina non regge praticamente da nessun punto di vista: giuridico, politico, storico e simbolico. Ma i simboli parlano chiaro e nel nostro caso ci aiutano a capire qualcosa in più della terribile, premeditata e criminale invasione russa dell’Ucraina.

I vessilli nazionali della Federazione Russa e dello Stato ucraino, erede dell’antica monarchia della Rus’ di Kiev, hanno una dignità storica propria, e confermano la libertà e l’indipendenza dei due Paesi, l’uno dall’altro. L’assonanza evocativa dei nomi e le comuni radici slave di entrambi – il toponimo Ucraina, si sa, vuol dire “al confine” e su questo le speculazioni putiniste ci marciano parecchio – non cambiano di una virgola la storia, né le ragioni di un delicato equilibrio politico raggiunto nei secoli e oggi compromesso.

La bandiera russa è un tricolore di bande orizzontali simmetriche: in sequenza, bianco, blu e rosso, dall’alto verso il basso. Dopo il “secolo breve” della rivoluzione bolscevica, del comunismo e dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ci eravamo abituati alla “bandiera rossa” e al tragico monocolore di morte e oppressione, come quello del sangue versato da decine e decine di milioni di vittime. Simbolo dell’utopia totalitaria, quella bandiera sopravvive ancora in Cina, seppur con qualche variazione sul tema.

Ma i colori della “Madre di tutte le Russie” e dell’intera famiglia dei popoli slavi sono tre e corrispondono a quelli della bandiera che l’allora Impero russo adottò a partire dal 7 maggio 1883. Con la “Rivoluzione di Ottobre” la bandiera imperiale fu abbandonata per essere ripristinata il 21 agosto del 1991.

Non tutti sanno che la bandiera russa ha origini olandesi. Correva l’anno 1699, quando Pietro il Grande si recò in visita nei Paesi Bassi, desideroso di rendere la Russia una potenza marittima e affascinato dalla cantieristica e dalla fama della flotta olandese. Fu in quella occasione che decise di adottare lo schema tricolore, invertendone però la disposizione originaria, per quella che inizialmente fu la bandiera della sua Marina.

Altra storia, più complicata, ha la bandiera dell’Ucraina. I colori sono due, distribuiti in due bande orizzontali: l’azzurro del cielo in alto e il giallo dei campi di grano in basso.

L’Ucraina diviene uno Stato sovrano soltanto nel XX secolo, ma il suo vessillo ha origini lontane e la combinazione dei colori nazionali è tra le più antiche d’Europa. Per come la conosciamo, la bandiera ucraina sventolò per la prima volta a Leopoli, il 22 aprile del 1848, nella stagione delle “rivoluzioni nazionali” – il 1848 fu un anno decisivo anche per il processo di unificazione italiana – quando nella Galizia orientale dell’allora Impero austriaco una delegazione di Ruteni (gli Slavi orientali, in genere cattolici di rito bizantino, progenitori degli odierni Ucraini) e Polacchi decisero di opporsi alla Guardia Nazionale austriaca. La bandiera sparì subito per ricomparire nel triennio 1917-1920, con la Repubblica popolare dell’Ucraina, durante i tentativi per costruire uno Stato ucraino indipendente. Per l’adozione definitiva si sarebbe dovuto aspettare il 4 settembre del 1991.

I colori nazionali ucraini, dicevamo, hanno una lunga storia e sono da ricondurre allo stemma del Principato di Galizia Wolynia, regno basso-medievale il cui stendardo raffigurava un leone d’oro in campo azzurro. Il vessillo conobbe una evoluzione graduale verso l’attuale bandiera ucraina, ma la prevalenza degli storici ne attesta il legame con l’antico leone ruteno-galiziano presente nello stemma del regno di Danilo di Galizia, a partire dal 1253.

Insomma, l’identità ucraina ha una storia. La sua bandiera, figlia dei movimenti nazionali ottocenteschi e saldamente ancorata alla simbologia politica dell’Europa medievale, ha una dignità propria, rappresenta una memoria collettiva che nel difficile vicinato con gli altri popoli, non solo slavi, è riuscita a sopravvivere nei secoli. Sopravvissuta al centralismo sovietico, all’imperialismo russo e alla loro ossessione per il “nemico alle porte”, riuscirà a sopravvivere anche a Putin?

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