Il governo ha trovato la soluzione ai mali ancestrali della nostra pubblica amministrazione: si chiama “Decreto Concretezza”. Un nome ad effetto, una misura che appare di grande impatto, quasi un uovo di colombo. Un provvedimento decisamente 5 Stelle.
Il primo articolo del ddl si pone l’obiettivo di individuare soluzioni concrete per garantire l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, il miglioramento immediato dell’organizzazione amministrativa e l’incremento della qualità dei servizi erogati dalle stesse. Un obiettivo davvero da poco, si dirà, e come lo si vuole attuare? Ovviamente, come sempre nello stile burocratese italico, con un nuovo ufficio! Infatti l’articolo prevede l’istituzione del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa”, detto semplicemente “Nucleo della Concretezza“. L’ufficio dovrebbe quindi intervenire sulla PA nella sua intera complessità, in ogni suo aspetto. Praticamente un ufficio solo per controllare/monitorare la prateria immensa della nostra pubblica amministrazione. E con quante persone? È legittimo aspettarsi un esercito… e invece no: il nucleo sarà composto da solo 53 persone. È evidente che 53 persone, di cui ameno una ventina con qualifica da dirigente, non può essere di alcun efficace supporto alla nostra Pa. Un nucleo che si occupa di fatto dell’intera attività di tutte le PA, infatti, già sembra una cosa poco sensata perché la PA spazia in campi e competenze tra loro molto diverse ed eterogenee. Se poi si considera che il compito è affidato a sole 53 persone, l’ipotesi in esame diventa decisamente assurda perché implicherebbe delle competenze impossibili da avere e da racchiudere in un ufficio composto da così poche persone. Riteniamo ridicolo pensare di poter risolvere il problema dell’efficacia ed efficienza della PA con un gruppo di 50 persone, perché un problema di questa portata merita maggiori e più approfondite attenzioni, piuttosto che nuovi uffici con nomi a effetto.
Anche perché, la stessa macchina amministrativa viene caricata, con questo decreto, dell’ennesimo, inutile, assorbi-risorse, piano: il Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Questo è ideato sulla falsa riga di altri adempimenti che già esistono e che raramente gli enti pubblici hanno la possibilità esperire a pieno, quali ad esempio il piano della sicurezza, il piano della trasparenza, il piano anticorruzione, ecc. Con questo decreto se ne aggiunge uno ulteriore che avrà efficacia limitatissima come gli altri già citati. Questi piani infatti sono un enorme aggravio di tempi e risorse per le PA, e alla fine possono facilmente essere usati in modo del tutto discrezionale contro un qualunque ente pubblico.
E come se non bastasse, chi non fa i compiti a casa finisce nella Black list delle amministrazioni. La mancata attuazione delle misure suggerite dal Nucleo, infatti, comporterà responsabilità dirigenziale e disciplinare dei dirigenti e l’iscrizione nella ‘black list’ delle Pa.
Tutte queste misure, si intende, senza che nel decreto sia minimamente spiegato dove si prendono i soldi. Infatti, secondo il dossier del Servizio bilancio del Senato, la Relazione Tecnica non fornisce indicazioni sui parametri e criteri adottati per la stima delle spese di funzionamento del nuovo organismo, né indicazioni in merito ai fabbisogni di spazi per gli uffici e dotazioni strumentali.
Insomma, tutto molto (poco) concreto.