I dati Istat mettono nuovamente a tacere la propaganda, ormai alquanto ripetitiva e noiosa, della sinistra. L’Istituto di statistica riporta infatti buone notizie, dimostrando che l’impatto delle politiche economiche messe in campo dal Governo Meloni, funzionano. Negli ultimi anni infatti, la crescita dell’economia italiana ha subito un’accelerata importante, superando anche Francia e Germania, tra le maggiori economie dell’Ue. Rispetto alla stima pubblicata ad aprile, dall’ultimo documento di revisione generale dei Conti pubblici nazionali, emerge un miglioramento sul debito nel 2023: il rapporto con il Pil ora è al 134,6%, mentre nel Def e nel comunicato di aprile era al 137,3%. Migliora, rispetto ad aprile, anche il deficit in rapporto al Pil nel 2023: prima indicava -7,4%, ora è pari al 7,2%. Il tasso di variazione del Pil in volume è pari a 0,7%, 0,2 punti in meno rispetto alla stima di marzo.
Il miglioramento del deficit di due decimali, si traduce in 3 miliardi di euro in meno. Anche sul saldo primario buone notizie, l’indebitamento al netto della spesa per interessi nel 2023 è stato pari a -3,5%, contro il -3,6% del comunicato Istat di aprile. Un miglioramento che si traduce in circa un miliardo di euro.
Sulla base dei nuovi dati, nel 2022 il Pil in volume è aumentato del 4,7%, al rialzo di 0,7 punti percentuali, nel 2021 è cresciuto dell’8,9%, con una revisione di +0,6 punti percentuali. Il risultato è attribuito principalmente all’incremento del valore aggiunto nei settori dell’agricoltura, industria e servizi, nonché a un contributo positivo delle esportazioni. Nel report trimestrale dell’Istat, il dato più interessante per gli italiani però, è certamente il calo della pressione fiscale: nel 2023 è stata pari al 41,5%, era 41,7% nel 2022, a seguito di un aumento delle entrate fiscali e contributive 6,0%, inferiore
rispetto a quello del Pil a prezzi correnti +6,6%, segnale l’Istat nei conti economici nazionali. Ciò è stato possibile grazie agli interventi strutturali messi in atto dal Governo Meloni, come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote IRPEF, entrambi riconfermati nella manovra per il 2025. Si tratta di misure che puntano a ridurre il carico fiscale sui lavoratori e allo stesso tempo a sostenere la crescita economica, pur mantenendo la prudenza sul fronte della spesa pubblica.
L’impatto della manovra 2025 sull’economia
Alla luce dei nuovi dati pubblicati dall’Istat, difficile valutare se e come cambierà qualcosa rispetto alla manovra allo studio del Mef e al Piano strutturale di bilancio, che ora, come annunciato preventivamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, potrebbe tornare in Cdm per una rifinitura. “La revisione dei dati comunicati da Istat è di lieve entità e non cambiano i principi e il quadro del Piano strutturale di bilancio già esaminato dal Consiglio dei ministri lo scorso 17 settembre”. A dichiararlo è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che sottolinea che le variazioni, essendo di lieve entità, non avranno un impatto significativo sulla manovra in preparazione. Il Piano strutturale di bilancio, in quest’ottica, sarà semplicemente “rifinito’’, ma nella sostanza non cambierà nulla. Il governo continuerà a seguire una politica fiscale prudente, senza “tesoretti’’ disponibili per nuove spese, con l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% del PIL entro il 2026.