Emilia Romagna, Meloni attacca sindaco Lepore: “Ha una doppia faccia”

Il centrodestra si prepara al rush finale della campagna elettorale in Emilia-Romagna a sostegno di Elena Ugolini con un evento che vede i leader riuniti a Bologna. La premier Giorgia Meloni, dopo l’incontro di sei ore con i sindacati, resta a Roma e si collega in video per l’intervento finale. Le polemiche per gli scontri fra antagonisti e polizia di sabato scorso sono ancora roventi. La premier e i suoi due vice non le mandano a dire. L’inquilina di Palazzo Chigi ammonisce il sindaco Matteo Lepore: “Diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una in privato. Io diffido di chi in privato mi chiede collaborazione e, invece, a favore di telecamera mi accusa di essere una picchiatrice fascista. Se io fossi la picchiatrice fascista che il sindaco Lepore dice, allora lui non dovrebbe chiedermi collaborazione. Un po’ di coerenza, sindaco”. E ancora: “Non so a quali camicie nere si riferisca” Lepore, “perché le uniche camicie che ho visto sono quelle blu dei poliziotti, aggrediti dai centri sociali e dagli antagonisti amici della sinistra”.

La manifestazione è stata organizzata in una area decentrata della città, al ‘Savoia Regency’ dove un migliaio di sostenitori sventola bandiere e celebra l’orgoglio del centrodestra.

In piazza, all’angolo tra via del Pilastro e via San Donato, un gruppo di esponenti di Potere al Popolo ha contestato la presidente del Consiglio. “D’altronde – ironizza la premier – “il pericolo fascista arriva sempre vicino alle elezioni, ma i cittadini hanno capito il gioco e non gli interessa più”. Poi, la stoccata. “voglio dire una cosa al sindaco di Bologna: diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una in privato, diffido di chi in privato mi chiede collaborazione e davanti alla telecamere mi definisce picchiatrice fascista. Se lo pensa non dovrebbe chiedermi collaborazione, non dovrebbe voler collaborare con me, un po’ di coerenza”. Considerazioni taglienti, quelle di Meloni che, inoltre, proclama “la totale solidarietà alle forze ordine che sabato a Bologna – dice – hanno affrontato i soliti violenti fra lanci di petardi e sassi rischiando la propria incolumità. Perché noi sappiamo benissimo da che parte stare”.

Dal canto suo, il vicepremier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, cita Pier Paolo Pasolini e assicura: “Le forze dell’ordine sono figli del popolo che difendono e garantiscono la nostra sicurezza. I figli di papà che li hanno aggrediti forse era meglio che andassero a lavorare”. 

E l’altro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, leader della Lega, dice dal palco: “Sono andato a incontrare i 10 ragazzi del Reparto mobile di Bologna che sono stati assaltati da 300 criminali rossi. Le uniche camicie nere sono sotto le camicie rosse: gli unici fascisti rimasti sono quelli dei centri sociali. Chiederò un encomio per quei ragazzi che per salvare altre vite hanno rischiato la loro”.

Certo è che i toni sono accesi. E il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, replica piccato: “Sono stupefatto dalle dichiarazioni del sindaco”, “viene messa in discussione la correttezza dell’operato della prefettura e delle forze di polizia nella complessa e sempre delicata attività di gestione dell’ordine pubblico” e “ancor più grave è insinuare presunte regie o interventi ‘da Roma’”.

 Il titolare della Difesa, Guido Crosetto, poi si rivolge così al primo cittadino di Bologna: “Mi permetto di dirgli che parlare di un governo e di un ministro, il collega ed amico Piantedosi, che ‘con una regia mirata ci ha mandato le squadracce fasciste in città’ è non solo vergognoso verso il governo e verso il ministro, ma anche che così non fa altro che esacerbare gli animi e soffiare sul fuoco”.

Tornando alla sfida in Emilia-Romagna, per il centrodestra non sarà certo una passeggiata di salute, visto che da 54 anni il colore politico della giunta regionale non cambia. “È una delle ultime roccaforti. Non vi deve stupire – osserva Meloni – come il clima si sia surriscaldato in queste settimane, lo fanno sempre quando hanno paura di perdere il loro potere. In Liguria la sinistra era convinta di avere già vinto e, invece, ha vinto Bucci”.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 20 anni, napoletano, studente alla facoltà giurisprudenza nella università degli studi Suor Orsolo Benincasa, da sempre appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive dellla Campania.

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