Ci risiamo. Un nuovo attacco ideologico senza fondamento operato dall’opposizione, su questo davvero infaticabile. Questa volta la scusa è stata trovata nell’argomento del “salario minimo”. Argomento complesso ma di facile strumentalizzazione verso l’opinione pubblica perché permette a questi azzeccagarbugli demagogici di passare per paladini della giustizia sociale inneggiando ad un concetto così generale che non può essere che condivisibile: “uguale dignità salariale per tutti i lavoratori”.
Come non poter essere d’accordo! Certo, si può immaginare la facile tentazione di abbracciare e fare propria una battaglia così profondamente giusta e che tocca le corde di ogni cittadino che nel lavoro fonda la propria dignità e le basi della propria Repubblica, ma che mossa poco virtuosa. Cari demagoghi, vi è andata male ancora una volta. Una puntualizzazione però è d’uopo. Tutti i tentati attacchi ideologici fatti al Governo Meloni dal suo recente insediamento sono crollati perché posti di fronte alle solide premesse delle politiche di Governo, basate su un’attenta analisi dei dati, studio e riflessione critica della realtà. Un approccio ben collaudato che a Fratelli d’Italia ha permesso di conquistare la fiducia degli elettori e passare dall’opposizione al governo. Un piccolo appello: ma non sarebbe più utile al Paese se tutte le energie usate dalle opposizioni non lavorassero di concerto con il Governo per il Bene Comune? A smontare definitivamente la campagna ideologica sul salario minimo è una nota di Unimpresa che sottolinea come solo l’1% della forza lavoro italiana guadagna meno di 8 euro all’ora, (fonte: Consigliere nazionale Unimpresa Giovanni Assi).
Il sistema di contrattazione collettiva in Italia garantisce minimi retributivi attraverso 946 contratti collettivi nazionali di lavoro, coprendo il 97% degli addetti dipendenti. L’81% di questi lavoratori ha un salario di ingresso superiore a 9 euro, mentre solo l’1% guadagna meno di 8 euro all’ora. L’introduzione di un salario minimo di 9 euro porterebbe un aumento mensile di poco più di 50 euro netti per questo 1% dei lavoratori, ma il principale beneficiario sarebbe lo Stato con un incremento di entrate fiscali e contributive di 1,5 miliardi di euro. Il tema del salario minimo, aggiunge Assi, viene utilizzato come strumento di campagna elettorale a scapito dei lavoratori e delle imprese. Egli sostiene che un salario minimo comporterebbe un aumento del costo del lavoro di oltre 6,7 miliardi di euro, danneggiando principalmente le piccole e medie imprese e riducendo la loro competitività internazionale. Assi suggerisce che la vera questione nel paese riguarda la perdita del potere di acquisto dei salari, e che politiche governative mirate a ridurre il cuneo fiscale sono necessarie per affrontare questo problema. Anche studi precedenti di altri professionisti del settore avevano avvisato dell’infondatezza della proposta di legge presentata il 4 luglio.
Fortunatamente la tragedia è stata ancora una volta evitata dalla seria e attenta analisi del Governo. Ma quanto potrà continuare Il Governo a recuperare gli errori degli altri mentre tenta la rimessa in moto del Paese uscente da una contingenza storica geopoliticamente così complicata? Nella speranza che questo avvenga il più a lungo possibile è utile cominciare a lanciare appelli di non interferenza ideologica. La Politica, diceva Aristotele, è la più alta delle virtù per un animale sociale quale l’uomo perché riguarda il Bene Comune. Dunque sarebbe il caso di smetterla di strumentalizzarla per egoistici fini propagandistici. Pensateci.