Non avevamo dubbi che anche in questa circostanza Recep Tayyip Erdoğan si sarebbe mostrato ai suoi sostenitori e non solo, sfoggiando il suo miglior sorriso e arringando la folla con ringraziamenti per “la grande vittoria elettorale…eccetera eccetera…”. Una vittoria che ha definito decisiva per il suo partito al governo e un test cruciale per la sua personale leadership. Del resto era chiaro per tutti che quelle che dovevano essere elezioni comunali di routine in tutta la Turchia, si erano invece trasformate in una sorta di referendum proprio su Erdoğan , anche per via delle difficoltà economiche in cui versa il paese, e che hanno cominciato ad erodere il sostegno popolare sul presidente. Erdoğan aveva infatti abituato la Turchia a una crescita economica costante, ma la crisi valutaria dello scorso anno ha provocato ufficialmente una consistente recessione. L’inflazione si aggira intorno al 20%, scaricando poi l’aumento del costo della vita agli elettori della classe operaia , la maggior parte dei quali era sempre schierata con l’AKP.
Una vittoria a questa consultazione elettorale, si dimostra essenziale per Erdoğan anche se non è tutto oro quello che brilla… Infatti, dalle prime indicazioni sembra proprio che l’opposizione a questo moderno satrapo gli abbia strappato le grandi città, come Ankara e Istambul.
I media statali hanno riferito già domenica che il partito per la giustizia e lo sviluppo di Erdoğan (AKP) aveva perso il controllo di Ankara dove ha vinto il candidato sindaco dell’opposizione, Mansur Yavas, ponendo fine a ben 25 anni di assoluto dominio dell’AKP.
A Istambul, la splendida città sul Bosforo, il principale candidato dell’opposizione Ekrem Imamoglu ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale avrebbe trionfato sul candidato dell’AKP, l’ex primo ministro Binali Yildirim, con uno scarto a favore di oltre 28.000 voti anche se, pochi minuti dopo questa dichiarazione, il rappresentate provinciale dell’AKP ha invece detto di essere stato proprio Yildirim a vincere su Imamoglu con uno scarto di 4000 voti. Non sappiamo ancora chi dei due abbia ragione, ma si prevedono grosse polemiche riguardo alla regolarità del voto.
Così, mentre il paese tenta di fare i conti con i risultati delle elezioni senza però avere un quadro ancora perfettamente chiaro, Moody’s rilascia proprio stamattina un avvertimento che giudica la risposta di Erdoğan alla crisi finanziaria come insufficiente e capace di favorire l’ennesima fuga di capitali dal paese. Moody’s, nella sua nota, ha anche messo in discussione l’indipendenza della banca centrale turca.
“Ogni guadagno e ogni perdita di consenso mostrano la volontà della nostra gente e anche un requisito di democrazia che dovrebbe esserci riconosciuto”, ha detto Erdoğan all’aeroporto di Istanbul prima di volare ad Ankara. “Ammetteremo di aver conquistato il cuore della nostra gente nelle aree in cui abbiamo vinto e ammetteremo di non aver avuto abbastanza successo nelle aree in cui abbiamo perso”. Più tardi, da Ankara, il presidente si è affacciato al balcone della sede centrale del suo partito e ha annunciato che il 56% dei centri andati alle elezioni sono stati conquistati proprio dall’AKP. Una vittoria, dunque, anche se non eclatante come quelle a cui Erdoğan si era abituato. Benino i partiti di opposizione. Nota particolare per il Partito democratico popolare filo-curdo (HDP) che è riuscito a riconquistare diversi seggi in tutto il sud est del paese, dove il governo aveva sostituito i sindaci eletti con fiduciari nominati dal potere centrale, giustificando il tutto con presunti legami con i fuorilegge del PKK militante.
Per la cronaca, anche stavolta non sono mancati episodi di violenza collegati alle elezioni in tutto il paese. Almeno quattro persone sono state uccise nel sud-est della Turchia e dozzine sono state ferite negli scontri elettorali nella città a maggioranza curda Diyarbakir. Ad Istambul, la polizia ha riferito di una persona pugnalata durante una rissa tra i sostenitori di alcuni candidati nel distretto Kadikoy.