Si è risolto in un nulla di fatto lo sciopero indetto dai sindacati del comparto sanità lo scorso 5 dicembre quando, a dispetto delle attese, i numeri delle partecipazioni sono stati ben diversi e lontani da quelli sperati. Avrebbero dovuto partecipare dirigenti, sanitari, medici, infermieri e anche il personale non medico. La percentuale di partecipazione era prevista intorno all’80%, il che avrebbe provocato un immenso danno ai pazienti di tutta Italia, con oltre 1,5 milioni – ancora secondo le stime dei sindacati – di prestazioni mediche che rischiavano di essere annullate. In effetti, primi segnali di allarme erano arrivati già dal ministro della Salute Schillaci che, nelle ore precedenti allo sciopero, dopo audizioni con le rappresentanze sindacali, aveva parlato di alcune divisioni interne nel comparto stesso rispetto alla misure da contestare adottate dal governo. Le divisioni, a quanto pare, si sono manifestate chiaramente nel giorno dello sciopero, complice forse anche la notizia, proveniente da Palazzo Chigi, sull’evitata decurtazione delle pensioni, tra gli altri, di medici e personale sanitario. Venuta così meno una delle ragioni della protesta, il flop è stato inevitabile: secondo i dati emanati dal Dipartimento funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, le adesioni si fermano al 2,7%, evidentemente molto distante dall’80% sperato dai sindacati. Inoltre, un report per ora basato solo sul 37% delle amministrazioni pubbliche su dati estratti alle 11 del 7 dicembre, su 403 mila unità di personale sanitario in servizio solo 8 mila avrebbero preso parte allo sciopero. Numeri davvero scarni e quasi irrilevanti, che stanno a dimostrare quanto agli occhi dei cittadini e dei lavoratori alcuni sindacati siano screditati. O meglio, si siano screditati con le loro stesse mani: fallisce, dati alla mano, la politica dello “scioperare a prescindere” soltanto perché al governo c’è un partito politicamente avversario e distante. Distante, in effetti, solo sulla carta, perché l’impegno dell’esecutivo su temi cari ai lavoratori e ai diversi comparti è ben noto: taglio del cuneo fiscale, aumenti in busta paga, aumenti delle tredicesime, aumenti delle pensioni e, per quanto riguarda il settore dei camici bianchi, nuovi incentivi e nuovi investimenti nella sanità, hanno tutti influito sulla buona riuscita dello sciopero.
Atteso ora un secondo tentativo, fissato per il 18 dicembre, per protestare contro la legge di Bilancio che, secondo gli organizzatori, non tutelerebbe il personale sanitario. Prevedere è difficile, ma se i presupposti sono questi, una nuova débâcle è dietro l’angolo.