Un clima accesissimo nella sala Cristoforo Colombo di Atreju questa mattina. Il tema affrontato, d’altronde, è di quelli delicati e sentitissimi negli ultimi anni: la famiglia. E sul palco si sono scambiate battute molto accese donne di fazioni politiche contrapposte: Eugenia Roccella, Ministro per la famiglia, natalità e pari opportunità, Alessandra Maiorino, senatrice del Movimento Cinque Stelle e coordinatrice Comitato politiche di genere e i diritti civili del partito, e la giornalista Bianca Berlinguer. Clima tanto acceso da necessitare dell’intervenuto di Giovanni Donzelli per riportare la calma nella sala ricordando i valori su cui si basa Atreju, il dialogo e il confronto con tutti.
Il dibattito si è fatto intenso quando si parlava di famiglia tradizionale, di coppie omosessuali, di unioni civili, contestando il fatto che gli etero non hanno accesso alle stesse pratiche di convivenza che hanno gli omosessuali. “È ovvio che non è l’orientamento sessuale a influire sulla tua capacità genitoriale. Non è questo il problema: è che noi non partiamo dai diritti degli adulti, ma cerchiamo di partire dai diritti dei bambini”. Bambini che hanno il diritto “non solo ad essere amati essere amati”, ma anche “ad avere anche delle figure di riferimento come quelle della normale procreazione, cioè un padre e una madre, una persona di sesso maschile e una persona di sesso femminile”. E a sostenerlo è la “letteratura scientifica, che dice che è necessario avere due figure diverse di riferimento”. Un diritto contenuto “anche nelle convenzioni internazionali sull’infanzia”.
Il tema di fondo del dibattito è stato comunque la natalità. L’Italia, come l’intero Occidente, vive un periodo di calo storico. Da decenni, ormai. “Le donne – ha detto il ministro – non sono sufficientemente premiate per qualcosa che fanno non soltanto per se stesse: fare i figli non vuol dire soltanto rispondere a un proprio bisogno, ma vuol dire fare qualcosa per tutti, per tutta la comunità. Bisogna tornare a quel valore sociale della maternità che nel tempo e negli ultimi anni soprattutto è stato sostanzialmente cancellato e oscurato”. E con questo governo, per Roccella, sono arrivate le prime misure in favore delle donne e della genitorialità, per non costringere le mamme a fare una scelta e a privarsi della loro carriera professionale: “Questo è il primo governo che ha cominciato davvero a fare qualcosa per la natalità e per la famiglia”. Non a caso, l’Ufficio parlamentare di Bilancio “ha certificato che nel 2024 questo governo ha prodotto oltre 16 miliardi di benefici diretti e indiretti per la famiglia. Credo che sia davvero la prima volta che succede nella storia d’Italia”. Congedi parentali, bonus asili nido strutturali, decontribuzione per le madri lavoratrici e molto altro.
E sulla polemica riguardo l’aumento dell’Iva sui prodotti per l’infanzia: “Questo è proprio il tipico equivoco. Noi in realtà rispetto al governo precedente l’Iva l’abbiamo. Il problema è che poi abbiamo aumentato rispetto alla diminuzione che avevamo prodotto noi” ma in generale “rispetto al governo precedente l’Iva è stata diminuita”. In seguito, “abbiamo visto che questa diminuzione non si rifletteva nel prezzo al pubblico, non era una diminuzione che arrivava alle persone e quindi abbiamo ritenuto che non fosse necessaria”.
Credo che la politica verso la natalità e la famiglia sia “trasversale” – come si dice – a tutte le politiche culturali, economiche e sociali.
Partiamo da una considerazione storica: in Italia e in Europa le famiglie 150 anni fa generavano molti figli, anche 10 o più, come forma o tentativo di tutela del futuro.
A parte elementi culturali come lo scarso ricorso a contraccettivi, allora scarsamente utilizzati, consideriamo che la speranza di vita media era poco più della metà di quella attuale. Un uomo o una donna a 50 anni erano dei vecchi.
La mortalità infantile nei primi anni di vita era enorme, il cosiddetto welfare praticamente inesistente.
Lo sviluppo economico, l’aumento del benessere e il miglioramento della sanità hanno portato dappertutto un forte calo della natalità, fino a poco tempo fa inferiore all’allungamento della speranza di vita, quindi con un saldo attivo della popolazione.
Ora non è più così, in Italia e in diversi paesi occidentali.
Perfino in Cina.
A questo proposito, e limitandoci all’Italia, vorrei considerare anzitutto che nei 300.000 kmq dell’Italia, con la loro magnifica conformazione naturale di prevalenza di zone collinari e montuose e meravigliose coste marine, 60 milioni di abitanti sono sicuramente troppi per l’equilibrio naturale, come dimostrano le crescenti devastazioni per eventi sismici e atmosferici, fatti “naturali” che diventano disatrosi per l’eccessiva presenza umana ed “antropizzazione” del territorio.
Se si considera inoltre che oggi in Italia la maggior parte dei settantenni sono persone attive, con capacità lavorative che una volta finivano a cinquant’anni, l’invecchiamento della popolazione non ha avuto e non ha gli effetti disastrosi che anni fa si paventavano.
Lasciamo stare le ricadute sul sistema pensionistico, che andrebbe totalmente ricondotto a principi di capitalizzazione, e sul sistema sanitario, per le diverse caratteristiche richieste da una popolazione più anziana, di per sè il calo della popolazione in Italia non mi sembra un fatto negativo.
Basta che non mi si venga a dire che occorre rimpiazzarlo con immigrati. Non si deve rimpiazzare un bel niente.
Si deve solo costruire un percorso di cambiamento culturale e tecnologico per cui un numero maggiore di italiani decida di lavorare, e lavori.
Ricordiamoci che in Italia il tasso di attività è poco superiore al 66%, contro ad esempio un valore di circa il 77% in Germania.
Altro discorso è quello della famiglia.
Penso che in Italia oggi meno giovani decidano di unirsi in una famiglia ed avere dei figli perchè non vedono speranze per la futura vita dei figli.
L’IVA sui pannolini è un furto, come in genere le imposte indirette, ma non incide sulla volontà di avere e crescere dei figli.
Le persone non vedono un futuro positivo, per sé e ancor meno per gli eventuali figli.
Guerre, crisi economiche, costo della vita, perdita di valori culturali e sociali.
A questo dobbiamo rispondere, non ai pruriti degli omosessuali che considerano loro diritto avere dei figli.
Paradossalmente, il livello alto di tutela della maternità esistente in Italia è controproducente, in quanto scoraggia l’occupazione femminile, e in conseguenza, come il famoso cane che si morde la coda, la volontà da disoccupate di generare e crescere dei figli.
A questo dobbiamo rispondere.
Con affetto
Alessandro