Ucraina, Fazzolari: con la proposta di Meloni l’Occidente ritrova la sua forza

Dal cessate il fuoco in Ucraina a una nuova centralità europea: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio spiega perché la Russia è in difficoltà e come l’Italia si ritaglia un ruolo da protagonista

Nelle parole del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, rilasciate al Corriere della Sera subito dopo il vertice in Alaska, non c’è traccia di facili entusiasmi. Non c’è l’ottimismo di maniera con cui spesso si liquidano scenari complessi, né la retorica del “poco ma buono” che accompagna i fallimenti diplomatici. C’è piuttosto la lucidità di chi riconosce che la guerra in Ucraina non è finita, ma che oggi, a differenza di ieri, si intravede una via d’uscita.

“Non è una soluzione definitiva” – spiega – ma “uno spiraglio”. La differenza è sostanziale: significa che la pace non è dietro l’angolo, ma che l’Occidente può finalmente tornare a guidare il processo, invece di subirne gli eventi.

Fazzolari tratteggia una prospettiva chiara: un cessate il fuoco che blocchi le ostilità, senza imporre all’Ucraina l’umiliazione di riconoscere i territori occupati dalla Russia. Kiev resterebbe libera di tentare di riconquistarli con la diplomazia, non con una guerra infinita che rischia di logorare il Paese e i suoi alleati. Una formula che non concede nulla a Mosca, ma evita anche che il conflitto diventi la palude perfetta in cui Putin vorrebbe trascinare l’Europa.

L’asse Meloni–Trump

Il passaggio politicamente più significativo è che la proposta, avanzata da Giorgia Meloni già nei mesi scorsi, è stata fatta propria dal presidente Donald Trump. Non è un dettaglio di cronaca, ma un indicatore geopolitico: significa che Roma non si limita più a seguire, ma orienta.

Trump, pragmatico, ha visto nella posizione italiana un equilibrio possibile: non la resa di Kiev, non la disfatta di Mosca, ma una tregua che consenta all’Occidente di ricompattarsi e guardare oltre. In questo schema, l’Italia emerge come alleato credibile e innovativo. Non più la periferia sud dell’Europa, ma un hub politico-diplomatico capace di generare proposte ascoltate a Washington.

È la conferma di una diplomazia mediterranea che torna al centro. Se nel passato recente a guidare la riflessione europea erano Berlino e Parigi, oggi la coppia Meloni–Trump disegna un nuovo asse, in cui Roma diventa cerniera fra la sponda atlantica e quella continentale.

Per capire la portata di questa evoluzione, bisogna guardare a Mosca. Fazzolari non indulge in formule vaghe: la Russia, afferma, “non avanza più, è in difficoltà, non ha raggiunto gli obiettivi dichiarati”.

È una diagnosi impietosa ma fondata. Dopo oltre tre anni di guerra, l’esercito russo non ha sfondato le difese ucraine, mentre le sanzioni continuano a mordere un’economia che sopravvive grazie alla dipendenza crescente da Pechino. Il mito dell’invincibilità russa, su cui Putin aveva costruito il proprio potere, si è infranto di fronte alla realtà.

Il punto, però, non è solo militare. Fazzolari mette in luce il vero fallimento di Putin: la sua incapacità di dividere l’Europa. Era questa la sua scommessa strategica – rompere il fronte occidentale con la leva dell’energia, della propaganda e delle infiltrazioni politiche. È accaduto l’opposto. L’Unione Europea, pur tra mille contraddizioni, ha trovato una compattezza insperata. Ha reagito all’aggressione con un’unità che pochi avrebbero immaginato nel 2022, trasformando la minaccia in coesione.

In questo quadro, l’Italia si accredita come protagonista della fase successiva: non più soltanto la difesa militare, ma la ricerca di un equilibrio stabile.

Il sottosegretario non risparmia un riconoscimento a Volodymyr Zelensky: “Passerà alla storia come l’uomo che ha salvato la libertà e l’esistenza stessa dell’Ucraina”. Un giudizio che fotografa il valore politico della sua leadership.

Eppure, aggiunge, il consenso interno a Kiev non è più quello dei primi mesi. È il destino di ogni guerra lunga: la stanchezza erode la compattezza, e il leader che ieri incarnava la resistenza oggi deve misurarsi con la fatica del proprio popolo.

Per questo Fazzolari richiama Churchill. Il parallelo non è retorico: il premier britannico è ricordato come il simbolo della resistenza contro il nazismo, ma anche come colui che seppe riconoscere quando la guerra era finita e la ricostruzione doveva iniziare.

Il messaggio implicito è chiaro: fermarsi non significa arrendersi. Significa consolidare ciò che si è difeso, tradurre il sacrificio in un futuro politico e diplomatico.

L’Italia protagonista

C’è una logica profonda dietro le parole di Fazzolari. Non è solo un commento all’attualità, ma una strategia di lungo periodo. L’Italia non si limita a reagire: propone. Non rincorre l’agenda altrui: la scrive.

La visione è quella di un Paese che, nella crisi globale, trova il coraggio di giocare in attacco. Roma può diventare l’architrave di un nuovo equilibrio europeo: fermare la guerra, garantire Kiev, contenere Mosca. In una parola, stabilizzare.

La proposta di Meloni, rilanciata da Trump e spiegata da Fazzolari, è un tassello di leadership che conferma come l’Italia non sia più comprimaria. È un percorso che lega il piano Mattei per l’Africa, la riforma delle catene energetiche e la ridefinizione della politica estera europea.

Se Mosca arretra, l’Occidente deve avanzare. Non con i carri armati, ma con l’intelligenza politica di chi sa che la pace, per essere vera, deve nascere da una posizione di forza.

Il tempo delle guerre infinite sembra finito. La società occidentale non è più disposta a sostenerle, né economicamente né culturalmente. L’Afghanistan e l’Iraq hanno dimostrato i limiti di conflitti senza sbocco, e l’Ucraina rischiava di scivolare in quella stessa spirale.

Oggi l’Italia propone una via diversa: trasformare la stanchezza del conflitto in un’occasione storica. È la “forza intelligente” di cui parlava Fazzolari: non il cedimento, non l’inerzia, ma la scelta di guidare la transizione da guerra a stabilità.

Se Mosca non è più in grado di dettare l’agenda, tocca all’Occidente farlo. E se l’Europa vuole davvero un futuro di autonomia strategica, non può che passare da questa consapevolezza: che la pace, quando nasce da una posizione di coesione e di fermezza, è essa stessa una vittoria.

Trump e Meloni, nel racconto di Fazzolari, guidano un Occidente che non si rassegna all’impasse. Non è più tempo di attendere: è il momento di trasformare la guerra in una lezione, e la diplomazia in un’arma di potere. L’Italia, finalmente, si propone come regista di questa svolta.

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Ulderico de Laurentiis
Ulderico de Laurentiishttp://www.uldericodelaurentiis.it
Direttore Responsabile de "La Voce del Patriota".

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