FdI: “L’ambiente è nel Dna della Destra”

“Io che vengo da una storia di destra posso dire che anche nella prima destra, quella del Msi italiano, c’erano numerosi gruppi, magari anche conflittuali tra di loro, che si occupavano di ambiente”. 

E’ un vero e proprio commovente amarcord di una lontana militanza giovanile, quella del capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti parlando agli Stati Generali del partito sull’Ambiente a Sabaudia. “Non possiamo accettare che si dimentichi una storia a favore dell’ambiente solamente perché qualcuno, a differenza di noi, urla di più o si dichiara verde a prescindere”. 

“Non si deve dimenticare – ha proseguito il capogruppo di Fdi – l’apporto che la destra politica ha dato alla materia ambientale fin dalla volta in cui andò al governo in un modo più organico. Ai tempi del ministro Matteoli, nel secondo governo Berlusconi, noi approvammo il codice per l’Ambiente. fu il primo segno concreto di un riordino che nessuno in precedenza aveva voluto fare che deriva da una impostazione culturale di chi ha sempre ritenuto che, se si vuole che si rispettino le leggi, deve esserci anche un corpo giuridico unito, leggibile e interpretabile”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’intervento di Riccardo Zucconi, deputato di FdI. “La vulgata che vuole la destra italiana negazionista e nemica dell’ambiente è da sfatare e siamo qui proprio per farlo”. A fargli eco Nicola Procaccini, europarlamentare di Ecr e responsabile del dipartimento Ambiente di FdI, affermando che “un’idea di ecologia di destra è molto più coerente dell’ambientalismo della sinistra. “Lo facciamo incrociando i temi ambientali e dell’energia che sono settori connessi e parlando di tanti argomenti: dall’acqua al dissesto del territorio, fino al ciclo dei rifiuti e alle stesse fonti di energia”.

Il forum di Sabaudia serve anche a ricordare così le vare tappe storiche dell’ambientalismo di destra. Partendo, ad esempio da, come ci ha sempre ricordato – del resto – Alain de Benoist, già dagli Anni Quaranta l’esaltazione della “vita naturale” e dei “valori agresti” ha costituito uno dei temi preferiti della destra sociologica.

E poi la lezione di Adriano Romualdi. Intellettuale di ispirazione nazional-rivoluzionaria, identificava il significato ultimo della battaglia ecologista proprio con la conservazione delle differenze e delle peculiarità necessarie all’equilibrio spirituale del pianeta, conservazione di cui la protezione dell’ambiente naturale è una parte. 

Nella militanza “ambientalista” si sono sperimentati, a partire dagli Anni Settanta, ampi settori della destra sociale, in Italia (con i Gruppi di Ricerca Ecologica e Fare Verde), in Germania (con l’Okologisch Demokratische Partei), in Francia (con il Mouvement écologiste indépendant).

Inoltre, come ha sottolineato Marco Tarchi (“Molte destre, nessuna destra ?”, su “Trasgressioni”, n. 62, settembre-dicembre 2018) i cardini di una destra sensibile ai temi dell’ambientalismo “sono la protezione della diversità dell’ecosistema, contro la monocultura omogeneizzante planetaria; la credenza nell’esistenza di leggi di natura invalicabili e la accettazione della nozione di limite (che ha portato, fra l’altro, all’opposizione agli organismi geneticamente modificati, o ogm); la valorizzazione del rapporto con i luoghi e il paesaggio, contro la riduzione della natura a strumento di profitto”.

Tutti questi richiami che cosa significano? Intanto che i confini dell’ambientalismo sono ben più ampi di quelli immaginati da un “verdismo” di maniera, sostanzialmente mondialista e materialista. E poi che l’uso strumentale della lotta ambientalista non fa bene ad una battaglia di verità, che ha nel “trasversalismo” uno dei suoi elementi fondanti, un “trasversalismo” che sappia andare all’essenza della crisi del mondo moderno, contro tutte le omologazioni e contro tutti gli eccessi del produttivismo.

D’altro canto, su un piano strettamente politico, restringere l’emergenza ecologista in un ambito elettoralistico significa indebolire piuttosto che rafforzare il “movimento ambientalista”, facendogli perdere quella autonomia di elaborazione che è la sua forza reale.

Nel libero confronto interdisciplinare la battaglia ecologista rappresenta una sfida aperta, a patto di non “inquinarla” con piccole battaglie di schieramento finalizzate a rosicchiare qualche percentuale di voto in più. Per poi – come è già accaduto nel passato – finire travolta dal piccolo cabotaggio politicante.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

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